A. Gasparini – M. Del Zotto – A. Pocecco, «Esuli in Italia!» – «Esuli nel mondo»

Scritto da Liliana Martissa Mengoli
A. Gasparini – M. Del Zotto – A. Pocecco, Esuli in Italia! – Esuli nel mondo, Gorizia, Isig, 2008.
Che ne è degli esuli istriani, fiumani e dalmati in Italia e nel mondo? Che futuro avranno la memoria dell’esodo e l’identità e la cultura di Istria, Fiume e Dalmazia vissute lontano dai luoghi di appartenenza? A queste e altre domande ha cercato di dare una risposta una ricerca recentemente condotta in Italia, Canada ed Argentina dall’ISIG (Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia) sotto la guida del prof. Albero Gasparini su progetto dell’ANVGD nell’ambito dei finanziamenti della L.n. 72/2001 e successive modifiche e integrazioni.
L’esito dell’inchiesta di importanza indubbia, realizzata con rigoroso metodo scientifico mediante interviste su un campionario di esuli di tre generazioni è stato pubblicato in due volumi Esuli in Italia ed Esuli nel mondoRicordi, valori, futuro per le generazioni di esuli dell’Istria-Dalmazia-Quarnero di Alberto Gasparini, Maura Del Zotto, Antonella Pocecco, Gorizia, Isig, 2008.
Premesso che l’esodo è uno «strappo dalla storia della comunità» dovuto all’imposizione di scegliere fra libertà e radici, si è cercato di analizzare e scoprire come siano percepiti oggi dagli esuli in Italia, in Canada (cioè nel mondo anglosassone) e in Argentina (nel mondo latino) il dramma e la condizione dell’esilio e come si siano trasformati nel tempo i ricordi, le memorie, l’identità nel corso di tre generazioni, anche a seconda dei luoghi e delle culture delle nazioni in cui essi si sono trovati a vivere. Inoltre si è cercato di proiettare nel futuro cosa ne sarà dell’identità istriana (fiumana e dalmata), sempre secondo il pensiero degli esuli, e quali prospettive essi vedano per le organizzazioni che possono sostenere tale identità, suggerendo le linee di un percorso operativo.
La memoria dell’esodo non può che essere corale, ma essa è fatta anche di un mosaico di biografie individuali che concorrono a formare questa percezione collettiva. Uno dei rischi è la sua dispersione, la mancata trasmissione alle nuove generazioni sia per il silenzio dei vecchi (in parte dovuto anche alla rimozione di ricordi dolorosi) sia per la mancanza di interesse dei giovani a conoscere il passato. Dalla ricerca emergerebbe che la perdita di continuità storico-generazionale è un fenomeno più comune alle seconde che alle terze generazioni di esuli, le quali tendono a riscoprire le proprie radici, considerando una ricchezza l’eredità culturale trasmessa loro.
Nelle due pubblicazioni, le aride cifre del questionario si traducano in trattazioni di problematiche interessanti che riguardano l’importanza del ricordo, che si estrinseca nei luoghi della memoria (la casa, la scuola, la chiesa, il paesaggio), negli aspetti del quotidiano (i legami affettivi, le feste, l’arte, la musica, la cucina) e nelle lingue e nei dialetti parlati nell’infanzia. Si passa ad analizzare la tematica dell’identità fra passato, presente e futuro (ritorno, trasmissione della memoria fra padre e figlio); infine la progettualità per mantenere il senso di appartenenza nelle nuove generazioni mediante il dialogo fra associazioni di esuli, il dialogo con gli autoctoni rimasti (considerato difficile perché, per esperienze non condivise, «non si ha più niente da dirsi») e anche tramite i rapporti fra esuli e altri gruppi culturalmente contigui (veneti, trentini, friulani).
Nel secondo volume, Esuli nel mondo, l’accento è posto sulla condizione di coloro che sono «esuli due volte» perché, alla scelta di abbandonare la propria terra per stabilirsi nella madrepatria, si aggiunge una seconda scissione, la scelta di emigrare; in questo caso all’identità diasporica si sovrappone quella dell’appartenenza al paese di accoglienza, di altra cultura e di altra lingua, in cui l’esule diviene a pieno titolo membro della nuova società.
Per gli esuli in Argentina e in Canada, paradossalmente, questo nuovo strappo ha comportato una fortificazione della memoria collettiva che si rinnova continuamente all’interno delle loro comunità divenendo elemento vivo di trasmissione familiare; l’identità, la ricerca delle radici è sentita come ricchezza di appartenenza culturale. Il rischio di una sua mancata trasmissione qui sembra attenuarsi, grazie a un bisogno profondo di radicamento degli individui in paesi dove la multiappartenenza e il multiculturalisno sono dati di fatto. Le terze generazioni, educate in una convivenza paritaria di culture diverse e libere di scegliere, sembrano sentire il richiamo della conservazione della propria specificità culturale. Ma affinché la memoria non resti confinata nella nostalgia, occorre il ritorno e la conoscenza dei luoghi di origine. Ritorno che, per le terze generazioni, può costituire un ri-inizio.
La pubblicazione si chiude con le tabelle del questionario fra le quali è essenziale quella sulla percezione della propria identità. «Chi è» e «Come si sente» un esule delle tre generazioni in Italia, Argentina e Canada? Molto interessante è la comparazione fra le risposte. Per tutti al primo posto c’è l’appartenenza alla cultura italiana, segue, per gli esuli in Italia il sentirsi europeo, mentre è più forte negli esuli transoceanici il sentirsi istriano (molto meno fiumano e dalmata). Un altro dato preso in esame è l’attaccamento alla regione di residenza, che è più sentito in Italia a discapito dell’identità istriana, mentre oltre Oceano, il senso di appartenenza “giuliana”, cioè di un’area più vasta che ha come punto di riferimento Trieste, risulta forte in Argentina e molto debole in Canada.
Dalla lettura dei dati dell’indagine molto articolata sul futuro degli istriani-fiumani-dalmati, non scaturiscono risposte univoche e le considerazioni che se ne possono trarre e che gli autori ci propongono sono conseguentemente aperte a più variabili.
Per concludere con una nota di ottimismo, vogliamo riportare ciò che ha segnalato Lucio Toth, presidente dell’ANVGD, nella sua introduzione. Alla domanda «Si sente legato al luogo d’origine della sua famiglia?» il 50,9% dei discendenti di esuli ha risposto «molto» o «abbastanza». Solo il 9% «per niente».
Avvertenza. Copie delle pubblicazioni possono essere richieste alla Sede nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.