Consegnata in Municipio a Trieste l’opera sulla toponomastica

Scritto da Giulio Garau
Nemmeno i croati cambiano più i nomi delle località dell’Istria e Dalmazia «Quando parlano ai seminari internazionali — racconta Lucio Toth – indicano le località con i nomi italiani. Fiume, Zara, Ragusa, non Rijeka, Dubovnik o Zadar o ancor peggio Biograd na moru per dire Zara vecchia. Interviene invece un relatore italiano e dice “Mali Losjni” invece di Lussinpiccolo. Il collega croato sorride e sottovoce fa una battuta di critica». È anche colpa degli italiani, una delle «nazioni che si interessa meno della geografia» accusa Toth se molta storia rischia di andare perduta, soprattutto quella delle terre dell’Istria, di Fiume e Dalmazia che hanno visto l’esodo dopo la Seconda guerra mondiale. Dopo oltre 50 anni è giunto il momento di andare alle «radici» della storia, con imparzialità scientifica ed è questo che si propone l’opera in tre volumi «La toponomastica in Istria, Fiume e Dalmazia» a cura dell’Istituto geografico militare e presentato ieri a Trieste. C’erano tutti ieri in Municipio, dai curatori Giuseppe De Vergottini ordinario di diritto costituzionale all’Università di Bologna e Claudo Rossit ordinario di geografia e direttore del Dipartimento di scienze della formazione a Trieste, ai rappresentanti delle associazioni istro-dalmate. A parlare a nome di tutti Renzo Codarin presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Trieste con accanto il presidente nazionale, Lucio Toth.
«Nessun revanscismo, nessun rivendicazionismo – ha spiegato il sottosegretario Roberto Menia – quest’opera è il modo giusto per unire il ricordo alla conoscenza, senza guerre o rivendicazioni, per riappropriarsi della propria identità con metodo scientifico e oggettivo. Perché sono le carte geografiche e le pietre che raccontano la nostra storia in quelle terre». Una battaglia, ma senza più i toni di un tempo, «storica di recupero della memoria» ha ribadito il sottosegretario per evitare (sotto accusa in particolare la guida sulla Croazia del Touring) che «Marco Polo, nato a Curzola, diventi ancora una volta il «più grande navigatore croato».
«Questa è la strada giusta – ha ribadito il sindaco Dipiazza – noi non diciamo London o Moscow ma Londra e Mosca, basta con le sudditanze psicologiche con l’Istria e la Dalmazia. Non ritorneremo mai in quelle zone, anzi ora ci battiamo perchè, in particolare la Croazia, entrino in Europa. Ma nessuno può cancellare la presenza italiana di Venezia e di Roma in quelle terre». Un viaggio alle radici dei nomi, dei toponimi, delle tracce che riportano alla storia e anche ai conflitti che li hanno spesso cambiati, stravolti e anche falsati. Questo si propone l’opera. «Che consegno alla città – ha detto Codarin – e grazie a questo lavoro, ma anche alle celebrazioni della giornata del ricordo, che finalmente in Italia si comincia a parlare seriamente di quelle terre». Un problema quello della non conoscenza che riguarda soprattutto i giovani. Lo hanno denunciato de Vergottini e Rossit: «I giovani non solo in Italia, ma anche a Tieste non sanno veramente, non conoscono i toponimi e le denominazioni storiche. E grande è in questo la responsabilità della politica. Dopo oltre 50 anni di oblio e di fonti (tra queste il Touring club) che hanno propagandato nomi come Split, Dubrovik o Porec, come era possibile accusare di non conoscere la realtà adriatica? Ed è per questo che abbiamo realizzato quest’opera che parla di storia, lingua, e geografia. Una ricerca che ha la pretesa di essere scientifica e vogliamo che diventi punto di partenza per ricerche e documentazioni».
Fonte: «Il Piccolo», 11/04/10.