Giorno del Ricordo 2013: segno della coesione nazionale ed europea

Scritto da Giuliasofia Aldegheri
mercoledì 13 febbraio 2013
Lunedì 11 febbraio si è tenuta, presso la Sala degli Specchi in Quirinale, l’annuale commemorazione per il Giorno del Ricordo: un appuntamento che lega con un doppio filo gli Esuli di Istria, Fiume e Dalmazia al Presidente Napolitano, primo Capo dello Stato ad avviare nel 2007 un processo revisionista per quei fatti tanto a lungo controversi; all’evento erano presenti il Presidente della Camera Gianfranco Fini, il Vicepresidente del Senato Emma Bonino, il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, il Sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura, il Giudice della Corte Costituzionale Luigi Mazzella, nonché altri esponenti del mondo politico e, naturalmente, rappresentanti – ma anche esponenti – delle Associazioni degli esuli istrani, fiumani e dalmati.
La commemorazione delle vittime della violenza perpetrata dalle forze titine negli anni tra il 1943 ed il 1945 è stata aperta dalle parole dell’On. Lucio Toth, presidente onorario ANVGD e vicepresidente FederEsuli, che ha inizialmente posto l’enfasi sul percorso di chiarificazione circa quegli avvenimenti storici, un “cammino che insieme abbiamo fatto, irto di ostacoli interni ed esterni. Ma li abbiamo superati nel nome di valori che accomunano tutti i popoli: la memoria dei sacrifici e delle ingiustizie patite, la ricerca delle loro cause, il riconoscimento delle colpe reciproche e la speranza di una riconciliazione, senza le ombre di un passato che ci aveva rinchiuso in una “caverna” di odi e di rifiuto dell’altro, della sua stessa esistenza nel tempo e nella storia”.
Dal 2007, quando il Capo dello Stato denunciò “la responsabilità di aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudizi ideologici e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli e convenienze diplomatiche”, sono stati numerosi – secondo l’On. Toth – i passi avanti compiuti, riassumibili in due tappe particolarmente significative compiute sempre dal Presidente Napolitano: gli “incontri storici di Trieste e di Pola. Due città-simbolo della nostra tragedia, che possono diventare il simbolo di una nuova amicizia”. Molto si deve ancora fare, dalla “restituzione o indennizzo delle proprietà, al rispetto effettivo dei diritti delle nostre comunità”, ma, ha concluso l’Onorevole, tutto ciò sarà possibile a partire da “un nuovo spirito di collaborazione ci permetta di sentirci ovunque a casa nostra, al di là di frontiere comunque imposte dalla storia”.
Successivamente è intervenuto il Prof. Segatti, docente di Scienze politiche e sociali presso l’Università degli Studi di Milano, che, proseguendo in modo del tutto naturale la riflessione avviata dall’On. Toth, ha compiuto un dettagliato excursus sul dramma vissuto da quelle popolazioni, ben oltre i limiti temporali degli avvenimenti al centro del Giorno del Ricordo.
Gli istriani, dalmati e giuliani infatti, oltre agli orrori della guerra ed alle violenze delle truppe del Generale Tito, hanno dovuto subire anche il peso di un assordante silenzio mediatico oltre che sociale e politico, questo perchè a causa di strumentalizzazioni politico ed ideologiche protrattesi per anni,“non è stato facile per molti italiani capire, al di la dell’umana solidarietà, il significato delle esperienze dei giuliani-dalmati. Ad impedirlo è stato il fatto che la memoria della guerra e delle sue conseguenze dei primi non coincideva con la memoria dei secondi”. Nel ricordare le tappe di un dramma trascinatosi per anni il Professore si è soffermato sulla tesi giustificazionista, l’ennesimo tassello di un’incomprensione durata troppo a lungo. Questa teoria, “così diffusa in Italia sino a pochi anni fa, che spiegava le foibe e l’esodo come la conseguenza di quanto il fascismo fece agli sloveni e ai croati. Questa tesi dimenticava che le espulsioni di popolazioni avvenute nel dopoguerra non erano solo una ritorsione per quello che fecero i nazisti e i fascisti. Dimenticava infatti che quelle espulsioni furono anche un modo, nel caos del dopoguerra, per risolvere alla radice il problema delle minoranze. Ma quella tesi dimenticava soprattutto che politiche simili furono attuate anche prima e durante la seconda guerra, da molti paesi, ad iniziare dalla stessa Unione Sovietica, spesso in accordo con la Germania, e senza che le cancellerie democratiche se ne scandalizzassero poi tanto. Faceva parte della cultura del tempo”.
Se la storia è veramente maestra di vita, la giornata del Ricordo non deve più essere una celebrazione sottotono, di routine, al contrario seguendo l’esempio del Presidente Napolitano, è ora di togliere questo velo di omertà da uno dei capitoli più bui dell’Italia del secondo dopoguerra, è ora di ricordare. Ricordare chi erano quelle persone, ricordare i risultati a cui un indiscriminato odio razziale e politico ha portato; il tutto per spingerci oltre. Dobbiamo cogliere questa triste commemorazione come un’occasione per riflettere con una rinnovata consapevolezza e sensibilità su chi siamo, su chi vogliamo essere, per meglio interpretare quel progetto europeo, d’unione politica e soprattutto sociale di cui tanto si discute oggigiorno.
“Gli episodi di persecuzione anti-italiana in Istria, Dalmazia e Fiume debbono appartenere alla memoria di tutti noi” – ha poi ribadito il Ministro degli Esteri Terzi – soltanto compiendo uno sforzo per comprendere la storia dei nostri fratelli, per quanto possa esser lontana dalla nostra esperienza, sarà possibile evitare “sentimenti ostili verso popoli e Paesi a noi vicini o tendenze di discriminazione razziale, come quelle che portarono all’emanazione delle leggi razziali del 1938”.
Grazie a questo processo di integrazione, rispetto e comprensione che si sta portando avanti da anni, “gli italiani non sono più divisi dai popoli del confine orientale. Sono cadute le diffidenze – ha concluso il Ministro – Siamo uniti in un’Europa fondata anche sul rispetto delle minoranze e delle diversità”.
A questo punto della mattinata si è tenuta la premiazione, da parte del Presidente della Repubblica e del Ministro dell’Istruzione Profumo, degli studenti vincitori di concorsi indetti per l’occasione.
A seguire, è stata la volta del discorso conclusivo del Capo dello Stato che, sin dall’inizio del suo mandato, si è molto speso per “ rendere giustizia agli italiani che furono vittime innocenti di un moto di odio, di cieca vendetta, di violenza prevaricatrice, che segno? la conclusione sanguinosa della seconda guerra mondiale lungo il confine orientale della nostra patria”. Il fulcro del discorso presidenziale è stato il bisogno di verità, indispensabile al fine di raggiungere “il traguardo della riconciliazione, cioe? del reciproco riconoscimento con le autorita? e le opinioni pubbliche slovene e croate, e del comune impegno per un mare di pace in un’Europa di pace. Un impegno che superi ogni residuo o nuovo motivo di frizione e affronti i problemi rimasti ancora insoluti”. Verità storica così faticosamente raggiunta e, per questo, così importante da sciogliere – come ricordato dal Presidente – un’interrogativo potenzialmente idoneo a mettere in discussione il significato stesso di questa giornata “ma non abbiamo ormai detto tutto su vicende di 70 anni fa? Ha senso ritornarci sopra ad ogni ricorrenza del Giorno del Ricordo? Ebbene, si, ha senso, dobbiamo rispondere. Ha senso per essere vicini a chi visse quella tragedia e ne può dare ancora testimonianza, per essere vicini ai loro figli e ai loro nipoti. Riconciliazione non significa rinuncia alla memoria e alla solidarietà. E ha senso perché quanto più i giovani, i ragazzi di oggi, si compenetrano con ogni passaggio importante, con ogni squarcio doloroso della nostra storia di italiani – e penso anche alle prossime celebrazioni della prima guerra mondiale – tanto più potrà rinsaldarsi la nostra coesione nazionale e insieme con essa rafforzarsi la nostra voce in Europa”.
Sull’onda dell’intervento del Presidente, come degna conclusione di questa giornata del Ricordo in cui sono state ripercorse, tramite le parole degli illustri relatori, le tappe salienti di un percorso per restituire dignità a quelle persone che ne furono indebitamente private, vi è stato il concerto dell’orchestra d’archi del conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste.