Gli italiani e il Giorno del Ricordo

Scritto da Giorgio Federico Siboni
martedì 11 febbraio 2014
Il provvedimento legislativo istitutivo del “Giorno del Ricordo” (Legge 30 marzo 2004 n. 92) in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale italiano fu approvato a larghissima maggioranza dal nostro Parlamento il 16 marzo 2004. Sotto l’aspetto civile tale risoluzione – con le diverse attività a essa connesse e derivate – vuole in parte colmare il debito di testimonianza che la comunità nazionale ha contratto con le vittime delle tragedie giuliane, fiumane e dalmate del secondo dopoguerra.
In questi dieci anni l’accrescersi continuo in tutta la Penisola delle manifestazioni promosse in occasione del 10 febbraio e nei giorni subito seguenti ha fatto comprendere ai cittadini italiani che quella dell’esodo non è una storia periferica, ma è parte significativa e determinante della storia nazionale. La memoria, tuttavia, non è scontata né perenne. L’oblio può nascere in molti modi. A volte si ignora perché ci si vergogna del proprio passato, oppure si dimentica perché conviene. Noi nondimeno non possiamo, né vogliamo più dimenticare. È questo, appunto, il segno vivo e vitale delle tante iniziative germogliate in Italia nelle settimane di febbraio nel corso degli anni. Scorrendo i calendari degli eventi sembra di potere cogliere come questo giorno divenga per i nostri connazionali, passo dopo passo, un sentire comune e una storia veramente compresa. Questo era ed è ancora oggi l’obiettivo vivo di chi si è impegnato per non mettere da parte la terribile tragedia vissuta da molti italiani al confine orientale.
La storia infatti – secondo la lezione di Benedetto Croce – è un atto di cognizione e di intelligenza: è storia degli uomini manifestata soprattutto nella sua valenza di sapere etico. In questo senso si rende necessaria la presenza attiva della riflessione storica, con la sua capacità di distinzione tra memoria, ricordo, esperienza dei protagonisti e ricostruzione documentata. Priva di intenti strumentali e sostenuta da autentico spirito scientifico.
Dal Trentino alla Puglia, dalla Sardegna alla Lombardia – in queste giornate in coincidenza con il “Giorno del Ricordo” – l’Italia assiste da un decennio al moltiplicarsi di eventi e incontri dedicati alla memoria degli scomparsi e degli esuli dell’Adriatico orientale. Il mondo delle associazioni, ma anche le iniziative dei Comuni e degli enti pubblici e culturali, hanno dato con forza prova del crescente impatto nazionale suscitato di anno in anno dalla ricorrenza del 10 febbraio.
Significative trasformazioni hanno segnato anche le politiche della memoria fra i Paesi presenti in Adriatico. Per la prima volta, nel memorandum d’intesa fra Italia e Croazia del 1992, si citava apertamente l’«esodo di massa della popolazione italiana da aree di storica residenza». Altri importanti tasselli sono scaturiti dal primo appuntamento dei presidenti delle repubbliche italiana, croata e slovena a Trieste, il 13 luglio 2010. Possiamo quindi finalmente leggere la storia del confine orientale nella sua interezza, lontano da ipocrisie e riserve mentali. Abbandonate le storture del nazionalismo, il cammino compiuto dal nostro Paese nel segno dei valori della Costituzione – un patrimonio sentito e partecipato da tutti gli italiani – ci assicura di fatto le condizioni per riflettere su quelle drammatiche vicende con uno spirito diverso dal passato e senza ricusare la fedeltà alla nostra identità nazionale.