Il Leone, le 7000 facce di Venezia

Scritto da Sergio Frigo, «Il Gazzettino», 06/12/12
giovedì 06 dicembre 2012

LA RICERCA Presentata l’opera di Alberto Rizzi sull’emblema marciano e il suo ruolo nella storia della Serenissima

Che il Leone di San Marco sia un brand globale, lo si sapeva: a onta delle sue ali piuttosto corte, nel corso dei secoli esso è volato infatti in tutto il mon­do, e campeggia, scolpito nel marmo, dal “Veneto Club” di Melbourne, in Australia, a mol­ti dei principali porti dell’Ame­rica Latina e del Canada, per ricordare gli sbarchi dei nostri emigranti. Dalle nostre parti poi il Leone marciano si trova ormai praticamente dappertut­to: nelle bandiere leghiste co­me nel fondo dei bicchieri-sou­venir, nello stemma delle Ge­nerali e nel logo delle mini imprese edili di provincia.

Nei giorni scorsi è arrivata a compimento la temeraria im­presa di catalogarli tutti (alme­no quelli di interesse storico­artistico), avviata oltre vent’anni fa dallo storico dell’arte Alber­to Rizzi: il risul­tato è una monu­mentale trilo­gia, i cui primi due volumi era­no stati stampa­ti da Arsenale 11 anni fa, ma che ora tornano per i tipi di Cier- re con un nuovo apparato iconografico, arric­chiti da un terzo che raccoglie le segnalazioni sfuggite al pri­mo censimento. La grande ope­ra dal titolo “I leoni di San Marco” (costo 190 € il cofanet­to, €60 il terzo volume), par­zialmente finanziata (con 90mila euro) dalla Regione, è stata presentata ieri all’Ate­neo Veneto, oltre che dall’auto­re, da Marino Zorzato, Franco Bonfante e Angelo Tabaro (per la Regione), e da Michele Gottardi e Beppe Gullino, che ha illustrato il ruolo decisivo che i veneziani vennero via via attribuendo al Leone, di­fensore dei cittadini e vero simbolo dell’autorità statale più del potere dogale.

Alberto Rizzi di Leoni nei suoi libri ne ha catalogati com­plessivamente circa 7000, clas­sificandoli anche in base al loro aspetto: perchè di leoni ce ne sono di rampanti, di andan­ti, “in moeca” (come rinchiusi nella corazza di un granchio), con la spada o il vessillo; «ma ce ne sono anche con la faccia di uomo, di cane, di quattro tipi di scimmia. Ne ho contate 25 varietà», aggiunge l’autore, che a sua volta vive in una casa con l’affresco di un leone, in uno sperduto borgo brescia­no dal nome evocativo, Alone. Rizzi, naturalmente, è una mi­niera di informazioni sul sim­bolo marciano: a partire dal fatto che l’accostamento fra il leone e l’evangelista avvenne solo nel 4. secolo, ad opera di San Girolamo, poiché prima esso aveva affiancato altri evangelisti.

Le scoperte più significative Rizzi le ha fatte in Istria, dove diverse ondate di “leontoclastia” (distruzione dei leoni in segno di rivolta contro Vene­zia) avevano rischiato in diver­se riprese nel passato di far sparire delle opere importan­tissime. «Il mio lavoro non è finito – ha concluso lo studioso – Ora si deve organizzare a Venezia, magari a Palazzo Du­cale, una grande mostra sul Leone marciano. E’ un omag­gio doveroso di Venezia al suo simbolo più vivo».