In un libro una «fiumanità» europea

Scritto da Ilaria Rocchi, «La Voce del Popolo», 11/06/11

FIUME – Il percorso compiuto dalla Società di Studi Fiumani dalla sua fondazione nel 1923 alla sua rinascita nel 1960 si è articolato grosso modo attraverso tre luoghi. È partito dal capoluogo quarnerino, dove purtroppo si è arrestato perché travolto dal marasma dell’esodo. È, quindi, ripreso nella capitale d’Italia, senza però poter rientrare, per un trentennio, nelle terre d’origine. Poi, abbattuta la “cortina di ferro”, è potuto proseguire da dov’era iniziato, anche se solo parzialmente, grazie al ritorno culturale sulle rive di quel golfo e di quella città che Gabriele D’Annunzio arrivò a definire «olocausta» e che oggi come ieri – anche se con modalità affatto diverse – rimane oggetto di anacronistiche speculazioni, di contese e inappropriate contestazioni nazionalistiche. Per l’estrema complessità, la cultura eterogenea e stratificata, la molteplicità dei caratteri nazionali e delle identità, non è stato mai facile comprendere Fiume e i fiumani; un compito che diventa poi impossibile a quanti sono abituati a ragionare in modo univoco e spesso fazioso, esclusivista. Ce lo confermano le recenti prese di posizione di sedicenti esperti di “fiumanità”, o meglio, di “rije?anità”, sostenitori di miopi visioni unilaterali, fondamentalmente perché accecati dalla volontà di “dimostrare” ciò che dimostrabile non è: l’inesistenza di una Fiume (anche) italiana. Sono tentativi negazionistici di antica memoria, che credevamo ormai superati, ma che invece, e purtroppo, persistono e si rinnovano.

Non è un caso, dunque, che dai portatori di tali posizioni arrivino strali contro chi dall’altro lato cerca di documentare e testimoniare – raccogliendo e studiando tutte le fonti disponibili, spesso con un approccio multidisciplinare –, come lo fa la Società di Studi Fiumani, l’anima autentica di una città, anche italiana, che oggi si chiama ufficialmente Rijeka, ma che racchiude in sé pure il retaggio di quella che una volta era Fiume. Una Fiume che, beninteso, non è scomparsa: la sua esistenza è talmente ben radicata che nessuno tsunami storico è stato finora in grado di cancellarne il volto (e ne è un attestato la comunità italiana rimasta, forse numericamente esigua, ma culturalmente feconda).

Sarà che viene vista come uno scomodo intralcio nella visione di quadri nazionalmente uniformi, ma non è un caso il fatto che nel giro di poco più di un mese la Società di Studi Fiumani, le sue pubblicazioni e i suoi autori, siano stati presi nel mirino dei contestatori di turno. L’ha fatto di recente lo storico dell’arte Igor Žic – autore di una Breve storia della città di Fiume (Kratka povijest grada Rijeke, ed. Adami?, Fiume, 1998, tradotta in italiano nel 2007) – sulle pagine della rivista letteraria «Književna Rijeka» (Sezione fiumana della Società degli scrittori croati, numero doppio 2-3/ estate-autunno 2011). L’ha fatto, agli inizi del maggio scorso, con Nacionalnost ili državljanstvo. Kriti?ki osvrt na knjigu “Žrtve talijanske nacionalnosti u Rijeci i okolici (1939.-1947.), ossia Nazionalità o cittadinanza. Cenni critici sul volume “Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947)”, di Vinko Šepi? ?iskin, un arzillo novantenne, antifascista con il pallino della storia. I due contestatori si sono occupati il primo del libro di Giovanni Stelli, La memoria che vive. Fiume, interviste e testimonianze (ed. Società di Studi Fiumani); il secondo dei risultati della ricerca condotta da Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski, rispettivamente dalla Società di Studi Fiumani a Roma e dall’Istituto Croato per la Storia, di Zagabria. Dunque, che cos’hanno in comune i due contestatori? Una premura scrupolosa di ribadire la (per loro scontata) non italianità di alcune figure di spicco e di gente semplice, fiumani “colpevoli” di un cognome dal suono croato, o comunque non perfettamente italiano, e origini multietniche. Forzature, le loro, che rimandano così tanto a metodi applicati da coloro che, in “difesa della purezza della razza”, sulla base dei cognomi e delle origini, catalogavano le persone di qua o di là del filo spinato.

Via i confini (mentali), l’abbandono di anguste prospettive esclusivistiche e l’apertura al dialogo “adriatico” è invece il discorso che viene promosso oggi dalla Società di Studi Fiumani a Roma. Una dimensione panoramica a 360 gradi che emerge dal volume Dall’esilio al ritorno. Cinquant’anni di attività della Società di Studi Fiumani. 1960-2010, che il 14 giugno prossimo (ore 18) verrà presentato a Palazzo Modello da Amleto Ballarini, direttore della SSF, da Marino Micich, presidente dell’Associazione per la cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio, segretario generale della SSF e direttore dell’Archivio-Museo storico di Fiume a Roma, dalla preside della Scuola media superiore italiana, Ingrid Sever, e dal caporedattore responsabile del quindicinale «Panorama» (EDIT), Mario Simonovich. L’opera, circa duecento pagine – con interventi di Amleto Ballarini (“Dall’esilio al ritorno”), Giovanni Stelli (“Il dialogo tra esuli e rimasti: una necessità storica”) e Marino Micich (“La Società di Studi Fiumani e l’Archivio-Museo storico di Fiume: memoria, progettualità, futuro. 1960-2010”) –, riepiloga mezzo secolo di vita della Società, puntando l’attenzione soprattutto sulla collaborazione ritrovata con la città d’origine. Si parte dai primi esordi del dialogo, nel periodo 1985-1995, a iniziare dall’anticipatrice giornata di studio sugli aspetti di vita cattolica nella storia di Fiume, promossa il 26 gennaio 1985 a Roma, in occasione del LX anniversario dell’erezione della Diocesi di Fiume (1925-1985).

Il rapporto esuli e rimasti si riannoda però cinque anni dopo, all’insegna di San Vito, e si ricuce nei decenni successivi. Gli esuli vengono ricevuti dall’allora sindaco Slavko Lini? e da allora, con scadenze regolari e precise, saranno sempre a palazzo municipale; si avviano i concorsi per le scuole italiane e in seguito gli scambi con gli studenti italiani a Roma, ma anche con quelli croati di Fiume; si moltiplicano le presenze e le iniziative per la festa del Patrono; si organizzano convegni internazionali, come quello sull’autonomia fiumana (1896-1947) e la figura di Riccardo Zanella (Trieste, 3 novembre 1995), il simposio “Itinerari culturali” (Fiume, 26 ottobre 1996, con l’EDIT e la locale Comunità degli Italiani), quello su Fiume nel secolo dei grandi mutamenti (Fiume, 23-24 aprile 1999, con il patrocinio del Ministero italiano degli Affari esteri, della Città di Fiume, dell’Università Popolare di Trieste e dell’Unione Italiana), l’incontro “Fiume crocevia di popoli (Roma, 27 ottobre 2005, in collaborazione con l’Accademia d’Ungheria).

Altre “pietre miliari” dell’ormai imprescindibile “ritorno” sono l’apertura della rivista di studi fiumani «Fiume» ai fiumani rimasti e ai croati, e la sua trasformazione in rivista di studi adriatici; il Manifesto culturale fiumano del 1998; la ricerca italo-croata “Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947)”; la cooperazione con gli ungheresi…

A queste attività si affiancheranno quelle tese al recupero di una parte dolorosa del passato, come la scoperta della foiba della “Bezdanka”, a Costrena, l’individuazione del luogo di sepoltura del senatore Riccardo Gigante e dei caduti italiani, a Castua, il lavoro svolto con gli studenti delle scuole del Lazio per far conoscere loro la civiltà istriana, fiumana e dalmata; senza poi dimenticare mostre, commemorazioni, incontri e, non ultimi, i libri pubblicati dalla SSF e promossi anche a Fiume.

Sono iniziative e progetti tesi alla ricomposizione, alla conservazione e alla valorizzazione della nostra memoria e della nostra identità, che riflettono lo spirito di chi, pur studiandolo, si rifiuta di rimanere prigioniero del passato e preferisce, invece, essere coinvolto – e coinvolgere, soprattutto le nuove generazioni – nella costruzione di un nuovo discorso, sia culturale sia storiografico. L’obiettivo è delineare i tratti di una storia comune, che accoglie e dà espressione a differenti e contrapposti vissuti, in cui la narrazione si rapporta sì con la storia ma guarda al comune futuro europeo.