Un’eredità che ci parla di storia

Scritto da «La Voce del Popolo», 11/03/11

CAPODISTRIA – All’Archivio regionale di Capodistria è stato presentato ieri il volume Il patrimonio scritto di Capodistria, dalla conservazione dei documenti pubblici al riordino dell’archivio storico, delle autrici Zdenka Bonin e Deborah Rogoznica, ricercatrici ed archiviste presso l’ente.
Collateralmente all’evento è stata allestita la mostra relativa ai contenuti trattati nell’opera, la quale è accompagnata pure dal catalogo sull’esposizione. In apertura, la direttrice dell’Archivio, Nada ?ibej, ha rilevato la continuazione dell’importanza e del ruolo dell’istituzione capodistriana nel corso dei secoli, «e perciò quest’opera ha doppia valenza – per i dati che riporta e perché ricorda quanto longeva sia la tradizione archivistica nella nostra area». Il lascito scritto capodistriano dovrebbe essere dunque motivo d’orgoglio per la città e per il Paese, dato che i documenti che lo compongono hanno plasmato la società odierna, con norme e valori. La presentazione ufficiale del volume è stata affidata a Darko Darovec, direttore del Centro di ricerche scientifiche di Capodistria, il quale ha altresì rimarcato il peso dell’opera, che è prima di tutto un lavoro di ricerca. Molti dei materiali, anche se originari e legati a Capodistria, infatti, sono custoditi in archivi, musei e biblioteche all’estero, tra cui Venezia, Trieste e Fiume. «Bisogna ricordare che la nostra eredità storiografica è legata all’attività notarile», ha spiegato Darovec, «e nel Capodistriano questa era ben sviluppata, rispetto ad altre aree interne dell’attuale Slovenia». I notai, tra le rare persone alfabetizzate del Medioevo, con i loro atti avevano funzione e valore pubblico (fides publica) e a Capodistria nella seconda metà del secolo XIII fu istituito l’Ufficio della vicedominaria, che aveva il compito di autenticare gli atti giuridici. Più tardi, nel 1598 seguì la fondazione del Collegio dei notai – per contrapposizione, un’istituzione simile esiste all’interno della Slovenia solo negli ultimi anni del XIX secolo.

Nel volume sono riportati dati sino al periodo dopo la Seconda guerra mondiale, quando l’archivio fu sventrato, e molti di quei materiali sono introvabili ancora oggi. Nella storia e nel mantenimento dell’archivistica e dell’inventariazione spiccano diverse personalità. Augustino Vida, che nel 1611 fu incaricato da Venezia di ordinare e organizzare meglio i documenti dell’archivio capodistriano, e Francesco Maier. Su questi si è soffermata pure Deborah Rogoznica, connazionale e co-autrice, ricordando che Maier si è occupato, tra il 1903 e il 1908, dell’inventario dei materiali capodistriani. Lavoro svolto da volontario, il quale fu pubblicato in più edizioni di «Pagine istriane», ed infine anche come volume unico e completo. L’altra autrice, Zdenka Bonin, ha ricordato l’impegno per la realizzazione dell’opera, con le visite agli archivi statali di Venezia, Trieste, poi alle biblioteche con fototeche sempre di Trieste, l’archivio parrocchiale capodistriano, l’archivio di Fiume e naturalmente quello di casa. In particolare ha segnalato quattro enti che custodiscono altrettante edizioni originali degli Statuti della città: oltre all’Archivio regionale stesso, pure la biblioteca civica “Sre?ko Vilhar”, il museo regionale ed il ginnasio italiano “Gian Rinaldo Carli”. Il libro è dunque importante perché offre la possibilità di realizzare il significato dei materiali d’archivio (come lascito storico-culturale), ma anche per seguire il ricordo storico con il suo valore pubblico. (jb)