Comunicato per il Comune di Roma da parte di Coordinamento Adriatico

Egregi Signore e Signori dell’Amministrazione comunale di Roma,

spero possano comprendere il disturbo che reco, sono Francesco Palazzo e comunico in veste di delegato di Coordinamento Adriatico, pubblicazione attenta al panorama culturale, antropologico e storico della regione alto adriatica.

Quantunque mi ritenga cosciente che le incombenze e i doveri che gravano su un’amministrazione come quella capitolina implichino la surrogazione di tematiche succedanee e circostanziate, come quelle di natura storica o memoriale, non posso comunque disertare la speranza che si possa regalare ad esse uno spiraglio di attenzione, in particolare di fronte ai vantaggi che un simile regalo possa produrre. La disciplina storica, difatti, si serve del passato per comprendere il presente e migliorare il futuro: un impiego di essa che sia in maggioranza condiviso promette concordia fra le parti, ma premette una condotta inattaccabilmente scientifica, tale solo se si marginalizzano quelle fazioni che risalendo la corrente della scientificità sbandierino o sotterrino la storia in base a finalità speculatorie e strumentali.

L’esempio di concordia che ci è fornito da un risultato condiviso, perché scientifico, della storia, può quindi servire da guida in ogni campo dello scibile. Per queste ragioni anche chi affronti doveri improrogabili, come gli amministratori romani, potranno ottenere vantaggi da riflessioni ed iniziative che concedano il giusto peso alle identità storiche, nell’ottica di una concordia generale che da storica diventi umana. Fare storia, serve.

Coordinamento Adriatico si prende la libertà di sottoporre all’attenzione del Comune i temi affrontati dalla legge 30 marzo 2004 n. 92 sul “Giorno del ricordo” in merito alle vicende delle popolazioni giuliano-dalmate, la cui osservanza vuole germogliare dallo stesso metodo citato poc’anzi. L’importanza e l’utilità dell’interesse verso tali vicende, se opportunamente contestualizzate, risultano facilmente intelligibili e non solo ascrivibili alla regione adriatica. Al termine del secondo conflitto mondiale, una enorme massa di genti riconducibili a popoli diversi fu costretta dalla contingenza politica a emigrare dai loro territori: 3.000.000 tedeschi dalle zone orientali dell’Impero germanico, 1.500.000 polacchi dalle regioni annesse dall’Unione Sovietica, 160.000 turchi dalla Bulgaria, 1.900.000 cechi e slovacchi dal loro paese e 850.000 sotto l’egida dell’Organizzazione internazionale dei rifugiati. Fra questi vi sono anche 350.000 italiani che formarono un vero e proprio esodo dalle loro terre giuliano-dalmate, per qualcuno di essi concluso sul ciglio di una cavità carsica, o “foiba”. Allargando l’interpretazione, che da regionale diventa internazionale, risulta evincibile che un singolo episodio possa elevarsi al rango di evento decisivo per la storia di un paese: da angusto tunnel della storiografia l’esodo giuliano-dalmata si trasforma in lente di ingrandimento per la nostra complessiva storia. Da solo adriatico, l’esodo diventa un interesse italiano.

Prendendo spunto dall’iniziativa promossa per la ricorrenza del Giorno della Memoria, che ha visto il Presidente della Regione Lazio accompagnare gli studenti nel “Viaggio della Memoria” al campo di concentramento diO?wi?cim, e dalla visita dello stesso all’Archivio Museo di Fiume e al Comitato ANVGD di Roma, si avanza il suggerimento di organizzare un analogo viaggio nei luoghi delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.

Un simile suggerimento non vuole assolutamente porre un confronto e di conseguenza una “equiparazione morale” fra le due questioni, spesso oggetto di procedimenti collidenti con l’ottica di concordia che deve gemmare dall’impiego condiviso della storia in quanto scientifico. In questo, si condivide il pensiero del Prof. Franco Cardini: «Era già molto sgradevole e imbarazzante la tensione, attraverso la quale si pervenne in Italia alla definizione e legittimazione della Giornata del Ricordo – per certi versi quasi in emulazione e in opposizione, anziché in complementarità come sarebbe stato giusto – […] Il formarsi di un’impressione così malsana e distorta palesava però un sottostante, forse generalizzato atteggiamento: quello di una sostanziale cinismo, di un disinteresse per le tragedie umane accompagnato però da una pervicace volontà di strumentalizzazione in questo o in quel senso.» L’intento che si vuole infondere è solo il tributo di identitàche le popolazioni giuliano-dalmate meritano fin dal Trattato di Campoformido del 1797.

Grazie infinite per la cortese attenzione e un augurio di buon lavoro.

Cordiali saluti

 
dott. Francesco Palazzo