Piazza Unità d’Italia è uno degli angoli più celebri di Trieste, nonché la più ampia piazza d’Europa ad affacciarsi sul mare. Davanti a essa si proietta il Molo Audace, il quale deve il suo nome non all’attitudine che ha acquisito a sfidare le onde dell’Adriatico quando imperversa il vento di bora, bensì perché il 3 novembre 1918 approdò a quello che era chiamato Molo San Carlo il cacciatorpediniere Audace, prima nave della Marina da guerra italiana a raggiungere il capoluogo giuliano alla fine della Prima guerra mondiale.
Erano giornate convulse, in cui l’Impero austro-ungarico stava implodendo e l’appello dell’imperatore Carlo ad una riforma in senso federale della compagine asburgica era giunto tardivo ed aveva solamente creato ulteriore confusione. Dopo il crollo del fronte di Salonicco la Bulgaria era uscita dal conflitto, lasciando scoperto il fianco meridionale dello schieramento austro-ungarico che avrebbe poi ricevuto il colpo di grazia sul fronte italiano a Vittorio Veneto. Tra lealismo e proclamazioni di indipendenza, separatismi ed irredentismi, fermenti rivoluzionari ispirati dalla rivoluzione bolscevica: il plurisecolare impero crollava destabilizzando la Mitteleuropa e l’area adriatica.
L’armistizio firmato a Villa Giusti il 3 novembre sarebbe entrato in vigore alle ore 15:00 del 4 novembre, assicurando all’Italia l’amministrazione militare delle terre che avrebbe raggiunto in attesa della Conferenza di Pace. L’entrata in guerra degli Stati Uniti con i 14 punti del Presidente Woodrow Wilson aveva sostanzialmente reso carta straccia il Patto di Londra che assicurava al Regno d’Italia la soddisfazione di gran parte del suo programma irredentista. Stava inoltre scomparendo l’Austria-Ungheria e prendeva corpo un Regno degli Slavi del sud: due eventi che nel 1915 erano inattesi ed imprevedibili e che adesso scompaginavano ulteriormente le carte.
Il 29 ottobre si era autoproclamato uno Stato degli Sloveni, Croati e Serbi che aveva riunito le province meridionali dell’Impero danubiano senza ottenere alcun riconoscimento diplomatico (le potenze vincitrici avevano già deciso di consentire l’espansione del Regno di Serbia verso nord) ma ricevendo in eredità l’imperialregia marina da guerra, che l’Intesa e le potenze associate intendevano spartirsi.
Di fronte al precipitare degli eventi anche i due principali porti commerciali austriaci entrano in agitazione: il 30 ottobre si costituisce a Trieste un comitato di salute pubblica emanazione della classe dirigente liberalnazionale di lingua e cultura italiana; a Fiume il Consiglio Nazionale Italiano, appellandosi al principio di autodeterminazione dei popoli e coerentemente alla dichiarazione del deputato fiumano Andrea Ossoinack all’ultima seduta del parlamento magiaro, chiede l’annessione al Regno d’Italia. Fiume non rientrava tra le rivendicazioni della diplomazia sabauda, ma gli “argonauti del Carnaro” salpano, raggiungono a Venezia il comandante della flotta Paolo Thaon di Revel e chiedono la protezione delle navi italiane.
Nella notte tra il 31 ottobre ed il primo novembre si compie invece un’ardimentosa incursione di sommozzatori italiani che nella base navale di Pola affondano la Viribus Unitis, già ammiraglia della flotta asburgica e da poche ore passata alle dipendenze del nuovo Stato slavo.
Tra il 3 ed il 4 novembre si compie quindi la corsa contro il tempo al fine di raggiungere più obiettivi possibili al momento dell’entrata in vigore dell’Armistizio. La cavalleria raggiunge Trento e prosegue verso il Brennero, recupera il terreno perduto in Friuli dopo Caporetto e cerca di superare il vecchio confine. La flotta traghetta distaccamenti di fanti di marina e bersaglieri a prendere possesso degli approdi e dei porti dell’Adriatico orientale: Thaon di Ravel si addentra nell’arcipelago dalmata anche alcune ore dopo la cessazione ufficiale delle ostilità, essendo la Marina interessata al controllo di tutta la fascia costiera al fine di non avere antagonisti nell’Adriatico.
Reparti del ricostituito esercito serbo, consigli nazionali slavi o truppe dello Stato degli Sloveni, Croati e Serbi fronteggiano in più località le forze italiane che riusciranno comunque a costituire i governatorati militari della Venezia Giulia e della Dalmazia, mentre a Fiume la situazione sarebbe rimasta in ebollizione ancora diversi mesi fino all’irrompere di Gabriele d’Annunzio con i suoi legionari il 12 settembre 1919.
Al termine dei lavori della Conferenza di Pace il Trattato di Saint-Germain avrebbe definito il nuovo confine italo-austriaco, mentre tra Regno d’Italia ed il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (sorto il primo dicembre 1918) solamente il Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 avrebbe definito l’annessione di Gorizia, Trieste, Zara ed Istria lasciando in sospeso la questione di Fiume.
Lorenzo Salimbeni