navigazione nel Golfo di Venezia dopo la battaglia di Lepanto

venerdì 20 novembre 2009

La seguente relazione, qui pubblicata per gentile concessione dell’Autore, è stata presentata presso il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano – Delegazione di Lecco, 13.11.2009 – Salone Confindustria Lecco.

IL PROBLEMA DELLA NAVIGAZIONE NEL GOLFO DI VENEZIA
DOPO LA BATTAGLIA DI LEPANTO (1571-1618)

Guglielmo Zanelli *

“In principio” l’universo di Venezia era il mare. Il mar Mediterraneo orientale che, con le sue rotte privilegiate fra coste frastagliate e centinaia di isole, apriva alle navi della città lagunare l’Asia e le sue carovane. Il “mare”per Venezia era tutto. “Strada” per eccellenza dei suoi traffici commerciali che portavano ricchezza, “ponte” di scambi culturali, “scuola” di vita per le sue genti. Il mare Adriatico era, se possibile, ancora di più: era l’antemurale difensivo della capitale senza “mura”. Dai primordi della potenza veneziana, questa difesa naturale liquida fu ampliata, accarezzata, fortificata, con importanti investimenti finanziari e l’impiego dei suoi uomini migliori. Dai tempi più antichi il mar Adriatico, contemporaneamente, ponte e motivo di divisione fra i popoli che abitavano le sue sponde, fu un mare difficile. E quando Venezia cominciò (secc. XI-XII) ad arricchirsi con le navi che su questo mare commerciavano, essa se ne appropriò come res nullius. Da questa unilaterale appropriazione derivò, fra la Serenissima e tutte le altre nazioni (lo stato Pontificio, gli Arciduchi austriaci, Ragusa, il Regno di Napoli e, naturalmente, l’impero Turco) che non volevano sottostare a tale forzosa imposizione, una lunga disputa combattuta non soltanto nelle sedi diplomatiche. L’usucapione veneziana dell’Adriaticus sinus fu poi nel tempo legalizzata con svariati atti notarili che, di volta in volta, attestarono il pieno diritto della Repubblica lagunare a chiamare questo mare Golfo di Venezia. Tale diritto di esclusività venne registrato anche in trattati internazionali (quali la pace di Bologna del 1529). Con la pace di Bologna, la Serenissima aveva perduto le città pugliesi e questo, con la crescita della marineria della Repubblica di Ragusa, aveva portato ad un calo del commercio veneziano. Ma quando, dopo la vittoria di Mohàcs sui magiari del 1526, i Turchi invasero l’Ungheria e parte dei Balcani, nel Golfo di Venezia apparvero dei nuovi pirati: gli Uscocchi.**
Il 7 ottobre 1571 nelle acque prospicienti il golfo di Corinto si concentrarono la globalità delle forze navali da guerra esistenti al momento in Mediterraneo. Due mondi, oriente ed occidente, cristianità ed islam, si scontrarono per la sopravvivenza. La vittoria della Santa Lega, comandata da Don Giovanni d’Austria, arrivò grazie alle navi ed agli equipaggi italiani (genovesi, napoletani, siciliani, pontifici, savoiardi, ma soprattutto veneziani). E se i turchi non vennero annientati e rigettati in Asia la colpa fu solo dei vincitori che non seppero cogliere al volo una congiuntura irripetibile (la mezzaluna priva di navi e di esercito) per rioccupare senza colpo ferire Costantinopoli.La pace separata con i Turchi, “malinconica”, ma politicamente utile, conclusa nel marzo del 1573, segnò per Venezia l’inizio della ripresa dei suoi traffici commerciali marittimi con l’oriente. La fulgida vittoria di Lepanto era ormai superata da esigenze di mera sopravvivenza e di convivenza, più o meno pacifica col Turco e col Pontefice.Una delle poche cose favorevoli che Venezia aveva ottenuto nell’infausto trattato di pace del 1573 era il mantenimento dell’atavico dominio sul mare Adriatico: il suo Golfo. I Turchi non vi potevano entrare con navi militari, ma Venezia si impegnava a proteggere le loro navi commerciali. Impegno gravoso che richiedeva ingenti risorse finanziarie per costruire, mantenere ed armare flotte.Nel golfo di Venezia operavano stabilmente tre squadre di galee: due si occupavano in particolare di sicurezza e controllo della navigazione mercantile, e della difesa dei possedimenti veneziani, la terza aveva incarichi speciali. Quella del Capitano del Golfo, con 10 galee, era responsabile del “sottovento” e dello stretto di Otranto, la seconda del Governatore dei condannati, con 4 galee, incrociava nell’alto Adriatico.
La terza squadra era quella del Capitano contra Uscocchi, con 5 galee ed una decina di “barche armate”.Il suo compito era la caccia ai pirati Uscocchi e la difesa da questi delle isole del Quarnero: Veglia, Cherso, Arbe e Pago e dei suoi “scogli” (ovvero le isole minori).*** La squadra non aveva una base fissa, ma incrociava le acque di competenza, ed in particolare gli stretti del canale della Morlacca da cui gli Uscocchi dovevano transitare per le loro incursioni. Uno dei più accesi sostenitori del diritto di proprietà di Venezia sul “chiuso” mar Adriatico (da cui derivavano poi imposizioni commerciali, dazi e monopoli per alcune merci quali il sale) era il frate servita, Paolo Sarpi. Il religioso era uno dei Consultori in Jure di Venezia al tempo dell’interdetto papale del 1606.Teologo e scienziato oltre che storico di fama europea, il Sarpi fu tra coloro che degli Uscocchi scrissero con più competenza , avendone vissuto parte della lunga epopea; sua l’opera La repubblica di Venezia, la Casa d’Austria e gli Uscocchi. L’Austria si servì degli Uscocchi per attaccare violentemente la navigazione mercantile turca, destabilizzando così i rapporti turco-veneti. La maggior parte degli Uscocchi, che risiedevano nella città di Segna, erano sui libri paga degli Arciduchi austriaci e dipendevano militarmente dal Generale di Croazia. **** Quando le paghe non giungevano gli Uscocchi si trovavano in difficoltà e quindi si davano alla pirateria, che veniva loro lasciata praticare liberamente; ciò, insieme ad una esagerata crudeltà messa in atto nelle loro azioni delittuose nei confronti delle popolazioni venete delle isole e dell’Istria, portò a violente ritorsioni da parte delle armate veneziane.
I pirati Uscocchi furono quindi il vero motivo della lenta mutazione della disputa giurisdizionale sulla libertà di navigazione in Adriatico, che fino ad allora era stata quasi una “partita a scacchi giocata in tre” (Venezia, Arciducali, Turchi, con il pontefice arbitro interessato), in una guerra non dichiarata. Vennero tenute, sia a Venezia sia a Vienna, apposite conferenze per tentare una soluzione, ma poiché l’Austria subordinava la risoluzione del problema uscocco alla contestuale concessione della libertà di navigazione in Adriatico, non si trovò un accordo: il mare Adriatico era ancora di Venezia. L’episodio della cattura della galea di Cristoforo Venier (1613) e l’uccisione del nobile mediante decapitazione nella piazza di Segna, con il conseguente oltraggio del cadavere da parte di tutta la popolazione, decretò l’apertura delle ostilità. La ritorsione fu dura ed immediata.L’Istria si trasformò in campo di battaglia fra bande uscocche appoggiate dalle milizie arciducali e le truppe veneziane con gravi perdite anche delle popolazioni civili. Nel 1615 Venezia decise di attaccare tutti i castelli del Vinodol ove si sospettava vi fossero Uscocchi per preparare poi l’attacco finale a Segna.Nonostante il parere del Sarpi che diceva «Venezia non è da guerra»,la guerra degli Uscocchi (per gli austriaci di Gradisca) era iniziata.
Se non vi fossero stati migliaia di morti da l’una e dall’altra parte verrebbe da sorridere al pensiero di una guerra per la libera navigazione di un mare combattuta solo sulla terraferma friulana e istriana. La guerra, mai dichiarata ufficialmente, si trascinò per circa due anni (1615-1617), servendo da proscenio alla guerra dei trentanni. La guerra causò danni soprattutto in Istria che, attraversata da una costa all’altra da scorribande sanguinose degli eserciti belligeranti, fu quasi interamente spopolata per carestia e malattie. Il controllo assoluto del mare da parte delle squadre di galee veneziane, sebbene senza scontri navali rilevanti (vi fu anche una apparizione fugace dell’armata navale spagnola), ebbe parte importante nell’economia della guerra. Nell’occasione gli Uscocchi vennero utilizzati nei reparti dell’esercito austriaco. Il trattato di pace del 1617 concluso in due tempi (il preliminare di Parigi e quello definitivo di Madrid) grazie alla mediazione decisiva di Filippo III, nonostante la momentanea delusione della restituzione all’Austria tutti i territori occupati, segnò una vittoria importante per la Repubblica di Venezia. Venezia ottenne tutto quello che si era prefissa: il riconoscimento imperiale di “signoria” sul mare Adriatico e la cacciata degli Uscocchi da Segna. L’atto finale dell’utilizzo esclusivo delle acque adriatiche da parte della Repubblica Serenissima di Venezia fu sancito, nel 1719, dalla creazione dei porti franchi di Trieste e Fiume e da un accordo commerciale marittimo fra gli imperi austriaco e turco. Venezia era ormai messa da parte.
NOTE
* Entrato all’Accademia Navale di Livorno nel 1964, ha raggiunto il grado di Capitano di Vascello nel corpo del Genio Navale. La carriera militare, dopo vari incarichi a bordo d’Unità Navali e a terra in differenti sedi lo ha condotto nel 1977 a Venezia, ove tuttora risiede dopo il congedo. Ricercatore esperto di storiografia navale veneziana, ha condotto ricerche sulla storia dell’Arsenale e delle costruzioni navali della Repubblica di Venezia. Dal 1985 al 1990 ha collaborato al periodico Provincia di Venezia. È Segretario della Commissione Scientifica del Comitato Interministeriale d’Intesa per la realizzazione di un Museo Nazionale di Storia Navale nell’Arsenale di Venezia e Socio dell’Istituto Italiano di Archeologia ed Etnologia Navale. Saggista, con vari interessi culturali e numerose pubblicazioni di argomento storico all’attivo, nel 1982 è stato uno dei promotori del convegno veneziano Archeologia Industriale Navale – L’Arsenale: proposte per un museo. Collabora con riviste scientifiche ed il Museo Storico Navale di Venezia. Ha curato la mostra storica Gondola Museum (1999, al Marittime Museum di Città del Capo – Sudafrica). Coopera con varie università italiane con il Comune di Venezia (Marco Polo System) e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio di Venezia. Ha insegnato Storia della costruzione navale ai corsi per Maestri d’ascia (Venezia, nel 1999 e 2006). Collabora da anni con la Società Dante Alighieri e alcuni Istituti Italiani di Cultura per l’effettuazione di conferenze in paesi stranieri (Svizzera, Norvegia, Germania e Danimarca). Dal 2001 al 2006 ha organizzato e diretto corsi di formazione per guide all’antico Arsenale di Venezia. Ha collaborato al progetto europeo Mediterrania per conto del G.E.I.E. Marco Polo System di Venezia e, in ambito progetto europeo INTERREG III – Interadria, con le Università di Padova, Pescara, Bari e Lecce a ricerche sul patrimonio industriale marittimo adriatico. Esperto di tecniche incisorie e di fotografia, è stato assistente di Riccardo Licata, Franco Vecchiet, Nicola Sene e Vincenzo Eulisse ai corsi della Scuola Internazionale di Grafica di Venezia ove, dal 1987, insegna Tecniche Fotografiche ai corsi biennali di Grafica Pubblicitaria.
** Archivio di Stato di Venezia, Fondo P.T.M., b.62, Estratto dalla relazione di Alvise Balbi del 1581«ritornato da Capitano contra Uscochi».
… (omissis) Questo corpo d’Uscochi è composto da diversa sorte di gente, perché la più [parte] sono Morlachi sudditi Turcheschi, et parte sudditi di V.Ser. della Provincia di Dalmazia, che come dalla giustizia de loro falli sono banditi, o che vogliono attendere a mal vivere, vanno a Segna a farsi Uscochi, parte falliti dalla Sua Armata, e parte degli stessi lochi Cesarei, et Arciducali per me di sopra nominati, ma tutti d’una natura medesima a vivere de rappina. Poleno arrivar al numero di m/2 in Tutto computati quelli, che saranno detti qui di sotto, oltre gli 80 in circa rimasti banditi per innanzi dal detto Capitano di Segna, che sono guidati da Tre Capi loro principali, non avendo avuto grazia dal loro bando nel modo delli 300: per aver questi commesso molti eccessi importantissimi; et se ben per adietro sh’ha avuto opinione che sono stati manco, non di meno resti certa la Serenità Vostra, che al presente non sono in minor numero essendo da non molto tempo in qua accresciuti assai, massime, che sono venuti alla devozione loro 300 Morlachi sudditi Turcheschi, dalli quali temevano esser fatti schiavi, avendo detto più tosto de unirsi seco, et far la vita ch’essi fanno, che esser tanto depredati, et danneggiati da loro com’eranoli quali Uscochi sono tutti gente forbita, ed esercitata molto all’archibuso, et trovo che poleno armare fino a 60 barche, et più, da dieci fino a quindese remi l’una, et cappiscono da 30. 40 et 50 per barca; le quali per la maggior parte sono fabbricate a Fiume, di dove viene anco somministrato il viver a quelli di Segna. Oltre il numero suddetto di Uscochi abitanti nel paese descritto fin ora, vi sono alcuni delli ochi, et Ville di V.S. in quella Provincia,che ben spesso s’accompagnano con quelli di Segna, partecipando nei loro bottini, et fanno da per se poi estraordinari danni a Vasselli de Cristiani, levando la robba, et depredando li animali sopra l’Isole, et questi sono difficili a prender; Ma quel, che è peggio, che tutto il paese della Craijna, Territorio del Sig. Turco, dalla bocca di Narenta fino li confini d’Almissa tributari degli Uscochi da Segna unitisi con loro, vanno in corso, et si fanno Uscochi quando gli torna comodo, scorseggiando anco soli per Mare, svaligiando ogni sorte di Vasselli, et si riducono poi alle abitazioni loro… …Et sono detti Uscochi recettati et intertenuti dalla Maestà Cesarea nelli suoi lochi sopraddetti per difesa et conservazione delli suoi confini di Crovatia contra Turchi, et sotto apparente titolo di cosa lecita, et permessa dalle leggi di nuocer agli infedeli, gli concede, et gli permette, acciocché si possino mantenir al suo servizio, non gli dando altro stipendio se non come ho detto di sopra di poter uscire in corso, et depredar le persone, et la robba de sudditi Turcheschi, et Ebrei per Terra, et per mare; Ma essendo il nervo principale di dette loro depredazioni li Murlachi, che fanno schiavi, et li animali, che li tolgono, l’effetto si vien a rendere immediatamente illecito, poiché li detti Morlachi, che fanno cattura, sono tutti Cristiani, et la robba, che gli tolgono de Cristiani.
*** I primi Capitani contra Uscochi vennero nominati dopo la fine della cosiddetta guerra di Cipro (1573) per la difesa dei traffici mercantili ottomani nell’Adriatico. Dovevano aiutare la squadra navale del golfo nella sorveglianza delle rotte più frequentate dalle navi che trasportavano mercanzie provenienti o destinate a porti ottomani, o battenti bandiera turca. Avevano a disposizione una squadra di due tre galee e qualche galeotta o fusta, che frequentemente erano poi richieste per altri servizi più urgenti da qualsiasi Capo da Mar di grado più elevato. La durata dell’incarico poteva variare da uno a due anni. Avevano potere discrezionale sulle modalità di caccia ai corsari e sulle punizioni da infliggere. Erano dotati di patente diplomatica per i rapporti con gli ottomani. Erano tenuti a fornire notizia di ogni operazione effettuata ed alla presentazione di una relazione alla fine del mandato. Nelle relazioni di fine mandato venivano fatte proposte concrete per migliorare il servizio dei Capitani successivamente incaricati contra Uscochi.
**** Archivio di Stato di Venezia, Fondo Collegio (Secreta), Relazioni, b. 66, dalla Relatione de S.r Ferigo Nani ritornato di Proveditor General in Dalmatia.
In un’accurata relazione di Andrea Ser. Guglielmi del giugno 1591 si legge …di quanto con lochio ho visto… sulla città di Segna. La città è circondata da mura in mattoni e pietre, con due porte una verso terra dove è il castello del Governatore con alcuni pezzi d’artiglieria (alta, chiusa e vigilata da 6 o 8 uscocchi), l’altra alla marina davanti all’isola di Veglia. Sulle mura vi sono artiglierie di piccolo calibro e la notte vi sono delle sentinelle. Vicino alla cittò su un colle vi … è fabricata una fortezza in foggia di uno palazzo… … vi sta dentro a guardia un Capitano nomato Mattio [Baldardichi?] signano cittadino con guardia di 25 ò 30 todeschi può havere detta fortezza dentro 30 pezzi d’artiglieria fra pizzola che grande… La fortezza domina la città, il porto … et schuopre l’isola di Veglia da Besca sino allo stretto di Buchari et tutto lo scoglio… Nel porto vi è … un pontile di legno di 60, ò 70 braccia che entra in marina per scargo delle barche… Un quarto di miglio sopra la fortezza c’è una guardia che avvisa con una bandiera di tutti i movimenti sospetti sia in mare che per terra. La rada del porto potrebbe contenere facilmente fino a 30 galee, ma è completamente esposto a tutti i venti e soprattutto alla bora che non manca mai ne d’estate ne d’inverno tanto che gli uscocchi dicono … di avere la borra in quel luogo per grazia di Dio per fortezza principale di quel locho… Nella piazza interna, vicino alla porta del castello vi sono delle grosse artiglierie su carri (per poter essere facilmente spostate ove occorra). Nella fortezza c’è un … pozzo di cisterna grande con acqua preziosa…
Il Guglielmi continua raccontando che il governatore di Segna è da cinque anni Furio Molza modenese (che ritenendo non più governabile quella gente è intenzionato a dimettersi). Ha … contato sulla riva tirate in terra a modo di ricovero, 52, barche di 12 et 14 et 16 remi l’una Impalmate et al ordine benissimo… Il Gran Voivoda è Giorgio Danisichi omo bruttissimo di età d’anni 55 senza un orecchio rispettato ed obbedito da tutti. Vice capitano è Giorgio Micuglianichi vecchio di età di 65 anni uomo di consiglio e governo degli uscocchi. Luogo tenente è … […]Stipichi di età di anni 60….. Vi sono poi altri capi: Matteo Danisichi fratello di Giorgio di circa 35 anni, Giovanno Danisich (anch’egli fratello) d’ circa 25 anni brutto e ciecho da uno ochio giovane molto gagliardo responsabile dei bottini principali degli ultimi tempi. Vi sono poi 25 – 30 Capi delle barche che comandano da 25 a 30 soldati et altre tanti venturini. All’interno di Segna vi sono 600 soldati uscocchi … omini robusti gagliardi ed molto pronti al combattere sempre con le loro arme pronte schioppo: et scimitarra. In caso di necessità 300 sono pronti a saltare fuori con il Governatore, il Capitano e l’Alfiere, mentre 300 restano dentro a difesa della città agli ordini di Giorgio Micuglianichi. Anche le donne (che sono molto numerose ) sanno maneggiare lo schioppo benissimo ed anche i bambini sono esercitati al combattimento. La città non produce nulla (ne pane, ne vino ne olio) e non si pratica nessuna professione salvo che bottinare. Ogni giorno 15 o 20 uscocchi escono dalla città per far bottini di qualsiasi tipo (animali grossi et sottili cavalli et schiavi). In città non c’è nessuna regola (ad esempio vanno a defecare dove possono). La città dipende dal Generale della Croazia (al momento un giovane di 25 anni, luterano, Barone Andrea d’[Auspeciche?] molto avido e per questo amico degli uscocchi). Descrive poi i villaggi e le città vicine (Buchari, Nuona, Berbir, Fiume (ove vengono riciclati segretamente i bottini uscocchi). Precisa che i segnani sono quasi tutti …ammogliati ed imparentati con il popolo de le isole di Veglia, Arbi et Pago, et particolarmente ne l’isola di Veglia.