Bosnia, vietata la segregazione nelle scuole

Scritto da Stefano Giantin, «Il Piccolo», 01/05/12
martedì 01 maggio 2012
BELGRADO – La decisione è storica, ma solo il tempo dirà se avrà avuto qualche impatto concreto, e non solo simbolico, sul futuro della Bosnia-Erzegovina. Un tribunale di Mostar ha dichiarato per la prima volta «discriminatoria» la filosofia delle «Dvije skole pod jednim krovom» (due scuole sotto uno stesso tetto), che regola l’educazione in alcune aree del Paese, in particolare quelle abitate da croati e bosgnacchi. Malgrado le pressioni interne e internazionali, a vent’anni dalla fine della guerra ancora una quarantina di scuole – localizzate soprattutto nel Cantone della Bosnia Centrale e in quello dell’Erzegovina-Neretva -, continuano ad applicare il principio della segregazione etnica. Principio che fu introdotto 10 anni fa per contrastare il problema degli edifici scolastici “monoetnici” e che avrebbe dovuto essere solo temporaneo. Come funziona? Un’unica costruzione, ma con entrate separate o turni diversi per bambini e ragazzi appartenenti a etnie differenti. Gli scolari croati e musulmani, recita un pamphlet informativo sulla questione prodotto nel 2010 dall’OSCE, «sono divisi durante le lezioni» che si tengono in aule separate, «seguono programmi diversi» e usano manuali di geografia, storia e letteratura che dipingono “l’altro” «in maniera non obiettiva, ostile».
Per comprendere cos’è veramente l’apartheid scolastica, è utile ricordare un dialogo tra alcuni scolari croati e musulmani riportato dal settimanale “BH Dani” nel 2003. Come si chiama la vostra scuola? «Novi Seher», rispondono gli scolari di entrambi i gruppi etnici. Come si chiama il vostro Paese? «Bosnia- Erzegovina», in coro. Che lingua studiate? «Croato», dicono gli uni, «bosniaco», puntualizzano i secondi. Vorreste una scuola unificata? Un plebiscito di «no». Perché? «Perché quelli sono croati», «perché quelli hanno ammazzato i nostri genitori», la replica dei bambini, otto anni d’età. D’altronde, perché stupirsi dell’opinione dei bimbi, se l’ex ministro della Formazione del Cantone centrale, Greta Kuna, giustificava qualche anno dopo la politica della segregazione con una frase laconica: «Non si devono mescolare mele e pere». Le cose potrebbero ora cambiare. I giudici di Mostar, valutando il caso degli istituti delle cittadine di Capljina e Stolac dopo una denuncia dell’ong per la difesa dei diritti umani e per «l’assistenza legale gratuita» “Vasa Prava”, hanno stabilito che «l’organizzazione delle scuole su base etnica» e la «separazione degli studenti» vìolano il principio di non discriminazione. La Corte ha ordinato al ministero dell’Educazione del Cantone dell’Erzegovina-Neretva, sotto la cui responsabilità operano le scuole incriminate, di «creare istituzioni educative multiculturali e integrate, rispettando il diritto dei bambini ad essere educati nella propria lingua».