Venezia Giulia, Fiume e Zara estromesse dal voto del 2 giugno 1946

Ed è, questo saluto, rivolto ad un’Assemblea nella quale il popolo italiano, per la prima volta nella sua storia, si può dire rappresentato nella sua totalità perfetta, senza distinzione né di sesso, né di classi, né di regioni o di genti, se anche, sotto quest’ultimo aspetto, si rinnovelli nel ricordo il dolore disperato di quest’ora, nella tragedia delle genti nostre di Trieste, di Gorizia, di Pola, di Fiume, di Zara, di tutta la Venezia Giulia, le quali però, se non hanno votato, sono tuttavia presenti, poiché nessuna forza materiale e nessun mercimonio immorale potrà impedire che siano sempre presenti dove è presente l’Italia. In quest’Assemblea, dunque, il popolo italiano è sovrano, ma, anche, il solo sovrano, l’arbitro assoluto della decisione del suo destino.

Era martedì 25 giugno 1946 e i verbali riportano che, a queste parole dell’ottantaseienne Presidente provvisorio dell’Assemblea Costituente – quel Vittorio Emanuele Orlando, insigne giurista e politico siciliano nato ancor prima dell’Unità d’Italia – tutti i costituenti risposero, «levan[dosi] in piedi, [con] vivissimi prolungati applausi e [al] grido di viva Trieste italiana e di viva Trieste repubblicana».

Il riferimento del celebre giuspubblicista appare fin da subito chiaro: dei 573 seggi da assegnare e previsti dal Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946, in realtà ne furono attribuiti soltanto 556, mancando all’appello i 13 previsti per la Circoscrizione XII (Trieste e Venezia Giulia-Zara), oltre ai 5 della provincia di Bolzano. Infatti, con un ulteriore Decreto Luogotenenziale, di soli sei giorni successivo – ci si riferisce al n. 99 del 16 marzo 1946 – fu

ritenuto che è per ora impossibile lo svolgimento delle elezioni nella Venezia Giulia a causa dell’attuale situazione internazionale e nella provincia di Bolzano, nella quale le liste elettorali non si sono potute ultimare non essendo tuttora regolate le questioni sulla cittadinanza degli optanti per la Germania che hanno perfezionato l’opzione […] abbiamo decretato e decretiamo che i comizi elettorali sono convocati per il giorno 2 giugno 1946…è fatta eccezione per il Collegio elettorale della Venezia Giulia e per la provincia di Bolzano, per i quali la convocazione dei comizi elettorali sarà disposta con successivi provvedimenti.

[…] Non sono molti a sapere che le prime elezioni italiane a suffragio universale, con voto diretto, libero e segreto avvennero con una distorsione territoriale non priva di conseguenze: una parte del territorio nazionale fu letteralmente delegittimata e non poté esprimere l’appartenenza nazionale attraverso l’indicazione dei propri rappresentanti, ed un’area geografica di quasi un milione di persone venne così estromessa, in modo affatto marginale, dal dibattito politico, sociale e culturale.

Per una sorta di secondo scherzo del destino, infatti, e come già per certi versi accaduto nel 1919, la dodicesima circoscrizione – quella appunto di Trieste, Fiume, Zara e l’Istria – risultò esclusa dal panorama elettorale nazionale: una scelta che colpiva proprio quelle zone che, più di tante altre – forse per esser giunte ultime nel percorso di unificazione risorgimentale – percepivano maggiormente l’appartenenza italiana e che avevano visto morire nelle trincee delle
loro montagne o delle loro vallate milioni di soldati.

Ed è anche da questo elemento non banale che, a mio avviso, si deve partire, volendo comprendere la difficoltà della Storia del confine orientale ad integrarsi nel ben più ampio contesto nazionale.

Davide Rossi

Tratto da Davide Rossi, La “questione di Trieste” e il voto del 2 giugno 1946: un problema anche costituzionale, in Giuseppe de Vergottini – Emanuele Bugli – Guglielmo Cevolin – Davide Lo Presti – Valeria Piergigli – Davide Rossi – Ivan Russo – Giorgio Federico Siboni (a cura di), Il territorio adriatico. Orizzonte storico, geografia del paesaggio, aspetti economici, giuridici e artistici, Esi, Napoli 2019, vol. II, pp. 181-224.