Carlo Sgorlon, «La foiba grande» e «L’Osservatore Romano»

Scritto da Liliana Martissa
La recentissima scomparsa del grande scrittore Carlo Sgorlon è stata commemorata sulle pagine di numerosi quotidiani nazionali. Amatissimo dal pubblico, ma non altrettanto dai circoli letterari che contavano, il narratore friulano ha condotto un’esistenza schiva e appartata anche a causa delle sue idee anticonformiste e controcorrente che lo hanno portato a rievocare episodi di storia rimossi. Significativi in tal senso sono il romanzo L’armata dei fiumi perduti che narra l’odissea dei soldati cosacchi, alleati dei nazisti, i quali stabilitisi in Friuli vengono proditoriamente consegnati dagli inglesi ai sovietici, e La foiba grande, pubblicato nel 1992, con cui lo scrittore rompeva un tabù protrattosi da decenni, denunciando le atroci vendette consumate in Istria dagli slavi a danno degli italiani, dopo il ventennio fascista, con la tragedia delle foibe. Stupisce perciò che in un articolo de «L’Osservatore Romano» del 28/29 dicembre in ricordo di Carlo Sgorlon Contro la vuota mitologia del piacere a firma di Claudio Toscani, a proposito de La foiba grande si sintetizzi il contenuto del libro con queste parole: «istriani contro tedeschi, fra morti e brutali furori nelle due grandi guerre del Novecento». Parole a nostro parere altamente fuorvianti perché sembra che gli infoibamenti siano avvenuti per mano dei tedeschi.
Eppure, l’episodio delle foibe da qualche tempo è stato ampiamente trattato dagli storici e rievocato anche a livello istituzionale, con la commemorazione ufficiale che avviene ogni 10 febbraio nell’ambito del Giorno del Ricordo. Lo stesso Carlo Sgorlon, in un articolo de «Il Gazzettino» del 10 febbraio 2005 intitolato Gli esuli attendono ancora che venga resa giustizia piena, scrisse: «Di alcuni misfatti dei vincitori non si conosceva letteralmente nulla. Non erano noti i fatti e neppure le parole che servivano ad evocarli. Un esempio significativo. Quando io, nel 1992, pubblicai La foiba grande , il «Corriere della sera» citandolo , lo chiamò “la fobia grande”. Freud avrebbe trovato il lapsus molto significativo.» E ancora: «Al sentimento della vendetta, si aggiunse il nazionalismo slavo, che era ed è anche tutt’ora più forte di quello italiano. Così erano pronte tutte le premesse per provocare la duplice tragedia delle foibe e dell’esodo.» La scarsa conoscenza di questa pagina storica, scomoda e a lungo rimossa, evidentemente continua.