È online il bollettino 4/2023 Coordinamento Adriatico

Può essere scaricato in formato PDF oppure consultato online il numero 4/2023 del bollettino Coordinamento Adriatico. Trimestrale di cultura e informazione a cura di Coordinamento Adriatico APS:
https://www.coordinamentoadriatico.it/wp-content/uploads/2023/12/CA-04-2023.pdf

Sommario

Pag. 3 Una Fondazione per l’italianità adriatica – Lorenzo Salimbeni
5 “Fra gli esuli un tal nome…”Pola e l’Istria laboratorio fra popoli – Francesco Palazzo
7 Il telaio di una migrazione – Petra Di Laghi
8 Meravigliose creature. Il sito fossilifero del Villaggio del Pescatore – Barbara Cavazzi
9 Una startup rivoluzionaria – Valeria Francesca Bolis
11 Il paese della gioventù – Gianluca Cesana
13 Le lunghe vie dell’Adriatico. I Polo, da Sebenico a Pechino – Francesco Di Bartolomei
15 1953 sette martiri per l’Italia – Marco Valerio Solia
18 L’Appuntamento di un grande ritorno – Alice Affini
20 L’ascendente adriatico-lagunare nella pittura di Pietro Perugino – Stefano Restelli
22 Trieste e il suo mare – Davide Giardina
Consigli di lettura
24 Roberto Covaz, Gorizia capovolta, Udine, Bottega Errante, 2018, 176 pp. – Azzurra Albertinelli della Spina
24 Diego Zandel, I confini dell’odio, Sestri Levante, Gammarò edizioni, 2022, 167 pp. – Enzo Alderani
25 Nicola di Cosmo, Lorenzo Pubblici, Venezia e i Mongoli. Commercio e diplomazia sulle vie della seta nel medioevo (secoli XIII-XIV), Roma, Viella, 2022, 316 pp. – Benedetta Pellegatta
26 Attilio Micheluzzi, Petra Chérie, Eboli, Edizioni NPE, 2022, 350 pp. – Giorgio Federico Siboni
28 Il dramma dell’Albania nel racconto del delegato apostolico Leone G. B. Nigris (1938-1944), a cura di Anesti Naci, Udine, Forum Editrice, 2022, 248 pp. – Franz Xaver Ganz

EditorialeUna Fondazione per l’italianità adriatica

Nel corso del mese di novembre il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dedicato particolare attenzione ai Paesi rivieraschi dell’Adriatico, ricevendo a Roma i suoi omologhi albanese e sloveno; recandosi quindi a Zagabria per incontrare il premier Andrej Plenkovi?. I rapporti di buon vicinato si sono confermati, l’interscambio commerciale è in crescita ed è stata affrontata l’emergenza dei flussi migratori. Per quanto concerne Slovenia e Croazia, nel particolare, si sono ribadite le tutele delle rispettive minoranze e l’evento di «Nova Gorica – Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025» è stato nuovamente elogiato come simbolo della prospera cooperazione transfrontaliera. Sembrano pertanto esserci i presupposti per affrontare in maniera cordiale alcune pendenze che interessano gli Stati successori della Jugoslavia, relativamente alla competenza territoriale su quella porzione dell’Istria interessata dal Trattato di Osimo. Non è stata ancora completata, infatti, la liquidazione del risarcimento dei beni abbandonati dagli esuli istriani nella Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste, che comprendeva i distretti di Capodistria (attualmente in Slovenia) e di Buie e Umago (oggi croati). In base agli Accordi di Roma, che avevano definito i dettagli dei risarcimenti previsti a Osimo, la Jugoslavia si impegnava a partire dal 1990 a liquidare ratealmente quanto dovuto, ma l’implosione del regime di Belgrado. dopo che era stata versata solamente la prima rata, ha scaricato l’onere debitorio su Slovenia e Croazia divenute indipendenti.

Negli anni successivi l’Italia non ha mai esaminato ufficialmente il problema con i diretti interessati, pure essendo suo diritto riaprire la questione e ridefinirne i termini economici. La Croazia, dal proprio canto, nulla ha sostanziato; mentre la Slovenia ha definito unilateralmente il quantum debeatur, versandolo su un conto corrente al quale lo Stato italiano non ha mai attinto. Una volta ridefinito e ottenuto tale risarcimento, previsto da un trattato internazionalmente riconosciuto e una volta soddisfatte le richieste dei legittimi aventi causa che manifestino il loro interesse, è comunque prevedibile che una quota di tale somma rimanga non riscossa. La Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati si è fatta pertanto portavoce dell’associazionismo della diaspora adriatica, affinché tale capitale costituisca la base su cui realizzare una Fondazione sul modello di quelle bancarie. Tale istituto giuridico, infatti, rappresenta il migliore strumento a livello nazionale e internazionale per perseguire e perpetuare l’azione attuata dalle associazioni in difesa dei diritti e delle aspirazioni delle genti giuliano-dalmate di lingua italiana.

In tale modo la somma non si slegherebbe all’interno del novero della finanza pubblica, bensì verrebbe impegnata in titoli e investimenti di sicura affidabilità, restando quindi esigibile da parte di eventuali interessati che, entro un dato termine, intendano riscattare la propria spettanza, garantendo con gli utili e i profitti il funzionamento della stessa Fondazione. Questo istituto avrebbe come scopo tendenziale primario non solo interessi culturali, andando pertanto a sostituire i finanziamenti previsti dalla L. 72/2001, ma anche sostegno sociale, predisposizione di borse di studio e ricerca, cura di progetti di alto profilo, programmazione di comitati scientifici che possano supportare – dal punto di vista antropico, linguistico, formativo, strategico, geopolitico e logistico – gli interessi nazionali della chioma giuliano-dalmata.

Tale Fondazione potrebbe inoltre sostenere, dal punto di vista intellettuale come da quello imprenditoriale, “forme di ritorno” alla propria terra di origine, che sociologicamente possano svilupparsi a distanza di qualche generazione. A suo tempo, asserì tale prospetto lo stesso Alfredo Mantica, allora sottosegretario al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, accogliendo le viste del vice-ministro Marta Dassù, durante un intervento al Senato nel 2014: riferimenti non sfumati in quest’ultimo decennio, ma da tenere in pieno riguardo, considerata la indubbia economia morale dello Stato italiano verso gli aventi diritto alla restituzione dei fondi di Osimo e segnatamente al retaggio naturale degli esuli dal confine orientale.

Lorenzo Salimbeni