Avviene oggi la prima celebrazione della Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, istituita dalla Legge 44/2022, ma si tratta pure dell’80° anniversario della battaglia di Nikolajewka, evento decisivo della terribile ritirata di Russia e da qui origina anche la scelta della data. In quella battaglia, infatti, furono le truppe alpine a sostenere l’urto peggiore con le truppe sovietiche nel tentativo di spezzare l’accerchiamento in cui erano cadute divisioni italiane, tedesche, ungheresi e rumene. Se la Tridentina fu la principale protagonista di quei combattimenti, la Julia, nei cui ranghi combattevano numerosi alpini provenienti dalle terre del confine orientale italiano, si sacrificò in posizione di copertura della ritirata, come si può evincere da questo dettagliato resoconto a cura della Sezione di Firenze dell’Associazione Nazionale Alpini. [LS]
Addio “Julia”
Mentre la colonna principale, con a testa i battaglioni della “Tridentina” supportati dai pochi mezzi del XXIV Panzerkorps si apre la strada combattendo per sgombrare dai russi ogni villaggio che incontra sulla direttrice Nowo Charkovka-Seljakino-Ladomirowka, a pochi km di distanza, più indietro si consuma il dramma delle colonne della Divisione “Julia”(1).
21 Gennaio, Lessinitschanski
Mentre la colonna dell’8° Reggimento è impegnata nei furiosi combattimenti a Nowo Postojalowka la colonna composta dai sempre più assottigliati Battaglioni del 9° Reggimento (2) e dagli artiglieri dei Gruppi “Udine” e “Val Piave” e del comando regimentale del 3° Artiglieria è impegnata in combattimento pochi km più a sud a Kopanki. Una volta riuscita a sganciarsi, l’esausta colonna il giorno 21 si ferma a riposare presso il kolchoz di Lessinitschanski (3)
Il Gen. Ricagno, con il suo comando e alcuni supporti è appena ripartito quando si abbatte la furia dei carri armati russi.
Il massacro dura ore, è una lotta impari: senza più pezzi di artiglieria, può opporre solo mitragliatrici e granate contro i T34 che crivellano di colpi a uno a uno gli edifici dove sono asserragliati gli alpini. Alla fine non resta che distruggere le armi e arrendersi per fermare la carneficina. Un migliaio di Alpini giacciono per terra esamini, un altro migliaio è ferito. Dei circa quattromila che si incamminano sulla strada del “Davaj” ne tornerà solo un centinaio. Tra questi c’è don Giovanni Brevi. Non ci sarà il comandante del 9°, il Ten.Col. Lavizzari, che morirà nel campo di Krinovaja il 28 febbraio successivo per tifo petecchiale.
Qualche unità riesce a defilarsi e mettersi in salvo. Tra questi ci sono circa 170 alpini, con il Sotto Tenente Prisco, del Battaglione “L’Aquila” che ha lasciato la Kalitwka con poco più di 300 uomini, che sfuggono all’attacco e riusciranno in seguito ad accodarsi alla colonna principale guidata della “Tridentina”.
22 Gennaio, Nowo Georgiewkj
Senza comunicazioni tra loro, le varie colonne si sfiorano, si oltrepassano senza saperlo, in mezzo a bufere, a -30°C, provate dalla stanchezza, dalla tensione, dalla fame. Solo così si spiega come la colonna con quel che rimane dell’8° Reggimento della “Julia” (4) superi Nowo Charkovka convinta che sia in mano russa e proceda avanti. Alle due di notte sera si acquartiera a Nowo Georgiewkj, nelle poche isbee ancora intatte.
E’ stata una notte finalmente (e stranamente) tranquilla per gli esausti alpini sfuggiti dal tritacarne di Nowo Postojalowka, che riescono a “riposarsi” per alcune ore. Viene fissata la partenza per le prime ore del pomeriggio per permettere alla colonna di riassestarsi. Intorno alle 10,30 “sui ciglioni che circondano il paese si affacciano tre autoblindo e un carro armato che aprono immediatamente il fuoco contro il reparto. Subito appare un secondo carro armato, seguito da reparti autocarrati, che entrano immediatamente in azione” (5). Si ripete la mattanza che ha investito il 9°; uno scontro impari tra gli alpini che dispongono ancora di alcuni pezzi del Gruppo “Conegliano” e i carri sovietici. Ma l’esito è segnato, alla fine il comandante dell’8°, Col. Armando Cimolino, ordina che si depongano le armi per mettere fine al massacro.
Anche a Cimolino spetterà la sorte di Lavizzari e di migliaia di prigionieri italiani: morirà nel campo di prigionia di Oranki il 31 marzo seguente.
Come il giorno precedente alcuni reparti riescono a gruppi isolati a sganciarsi, infiltrandosi tra le pattuglie russe, e prendendo piste secondarie riescono a mettersi in salvo. Come per esempio gli artiglieri del “Conegliano” che dopo aver reso inutilizzabili gli ultimi obici rimasti, si separano in varie squadre per ricongiungersi più tardi e raggiungeranno poi la “Tridentina” la sera del 24 Gennaio a Romankowo. Tra questi vi è anche il Sotto Tenente Medico Giulio Bedeschi.
Anche la “Julia” cessa di essere un unità combattente…
Quadro Generale al 22 Gennaio
Il 21 tra l’altro le 4 Divisioni sono tutte veramente raccolte in un fazzoletto di terra, ma non lo sanno. Nel pomeriggio a Nowo Charkovka si incontrano Battisti (Cuneense) con i resti della sua Divisione e Ricagno (Julia). Entrambi si chiedono dove sia Nasci e la “Tridentina”. In realtà sono a pochi km più avanti, ha lasciato Nowo Charkovka alle prime ore del 21 e si trova a Lymarewka dove si appresta l’indomani ad assaltare Seljakino tenuta dai russi. Dopo poche ore transita nei pressi anche la colonna principale della “Vicenza” con il “Pieve di Teco”, che tira dritto all’inseguimento della “Tridentina”.
I russi sanno che la ritirata non è omogenea, che è sempre più frazionata in varie colonne, quando non in singoli gruppi, scollegate tra loro, molte di queste formate da sbandati che si muovono alla cieca, seguendo le tracce di chi è passato prima. Hanno il vantaggio di potersi muovere rapidamente, di aver a disposizione un numero sufficiente di mezzi corazzati con cui colpire con rapide incursioni le varie colonne. Si limitano a controllare con piccoli ma organizzati reparti e con l’aiuto dei partigiani i paesi (spesso semplici agglomerati di poche isbee) costringendo a sanguinosi scontri le unità ancora in grado di combattere logorandole ulteriormente.
Del resto la STAVKA, il comando supremo dell’Armata Rossa, già dal 18 sta cambiando i piani operativi delle due armate sovietiche coinvolte sfruttando il successo iniziale (6). La 40a Armata punterà su Voronez, in un’ennesima offensiva a tenaglia in cooperazione con la 13a Armata a nord per accerchiare la 2a Armata tedesca e quel poco che rimane degli ungheresi. La 3a Armata invece procederà spedita verso Charkiv e il Dnepr. Per la STAVKA l’annientamento del C.A. Alpino e delle altre forze dell’ ASSE è solo ormai questione di giorni se non di ore. Stanno preparando il “Comitato di accoglienza” lungo il tratto ferroviario che va da Valujki (7) a Nikolajevka.
DIVISIONE ALPINA “JULIA”
Stato Maggiore Divisione
8° Reggimento Alpini (Battaglioni “Gemona”, “Tolmezzo”, “Cividale”)
9° Reggimento Alpini (Battaglioni “L’Aquila”, “Vicenza”, “Val Cismon”)
3° Reggimento Artiglieria da Montagna (Gruppi “Conegliano”, “Udine”, “Val Piave”)
III Battaglione Misto Genio
Supporti e Servizi
NOTE:
Daniele Tigli
Fonte: A.N.A. Sezione di Firenze – 20/01/2023