«La Dalmazia nelle relazioni di viaggiatori e pellegrini»

Scritto da Toni Veneri
mercoledì 07 marzo 2012

La Dalmazia nelle relazioni di viaggiatori e pellegrini da Venezia tra Quattro e Seicento (Roma, 22-23 maggio 2007), a cura di S. Graciotti, Roma, Bardi, 2009, pp. 384.

Particolari circostanze geografiche (la presenza di porti naturali e di un regime dei venti più favorevole che sulla sponda adriatica occidentale), ma soprattutto politiche (la lunga dominazione veneziana e poi austriaca sulle coste istriane e dalmate), economiche e culturali (la mediazione fra Mediterraneo orientale ed Europa centro-settentrionale) contribuiscono a fare del viaggio in Dalmazia un itinerario relativamente fisso e lineare, percepito nei secoli dai viaggiatori pressoché con le medesime modalità. La produzione ininterrotta di descrizioni e narrazioni cui esso dà origine, a partire dal tardo Medioevo, offre dunque un insieme continuo di materiale odeporico consacrato a un ristretto territorio geografico (le isole e l’affaccio costiero), caratterizzato da una sedimentazione cumulativa di informazioni che si risolve in una forte intertestualità e nella configurazione del viaggio come constatazione o aggiornamento di conoscenze già acquisite piuttosto che come esplorazione di nuovi territori.

Ma è proprio alla luce della stabilità del suo quadro oggettivo che assume valore paradigmatico l’emergenza storica, l’alternanza e la sovrapposizione, su questo quadro, di diversi modelli e tipologie discorsive fondanti l’esperienza e la scrittura del viaggio in Europa: da quella religiosa e spirituale del pellegrinaggio, che privilegia i luoghi di culto e la venerazione delle reliquie sulla via di Gerusalemme, a quella politica e diplomatica, alimentata dalle missioni degli ambasciatori diretti a Costantinopoli e punteggiata di eventi mondani e di rappresentanza. Dalla ricerca archeologica ed erudita del viaggio umanistico avido di testimonianze della classicità, al viaggio scientifico illuministico curioso di esplorare con attenzione antropologica e naturalistica le più prossime e “selvagge” periferie della civiltà europea. Dal viaggio sentimentale vissuto in chiave estetica, sublime o pittoresca, al reportage contemporaneo e alla sua fusione nella scrittura giornalistica dei diversi precedenti piani di racconto.

Il volume curato da Sante Graciotti, che riunisce quindici interventi di studiosi italiani e stranieri presentati nel 2007 all’Accademia dei Lincei, restituisce efficacemente l’ampiezza e la ricchezza delle testimonianze che documentano la prima parte di questa storia, in cui il viaggio in Dalmazia non ha ancora acquisito una propria autonomia discorsiva (la raggiungerà nel 1774 con il celebre Viaggio dell’abate Alberto Fortis) e si presenta piuttosto come segmento iniziale di itinerari più ampi facenti capo a Venezia: il viaggio devoto in Terrasanta, gestito in quei secoli a livello internazionale e con privilegi monopolistici dalla Serenissima (organizzazione ben descritta nei suoi aspetti materiali da Rita Tolomeo) e il viaggio diplomatico verso la capitale ottomana, sede del bailo e di una folta comunità veneziana. Fra i contributi relativi al corpus ormai canonizzato della letteratura di pellegrinaggio italiana del Quattrocento, meritano una particolare attenzione la relazione di Alda Rossebastiano ma soprattutto la sintesi del curatore, attenta al valore documentario che tali testi possono svolgere nella ricostruzione storica di paesaggi, eventi e pratiche riguardanti il territorio dalmata – un atteggiamento che domina l’intero volume e forse rappresenta, nella sua predominanza a scapito di considerazioni sull’organizzazione formale delle scritture e sui suoi fondamenti epistemologici, l’unico vero limite della raccolta. Degna di nota è inoltre la sezione del libro che permette di estendere ulteriormente tale corpus ai numerosi testi dei viaggiatori centro-europei, meno frequentati dagli studiosi italiani, ma non meno rilevanti per la contestualizzazione delle più familiari narrazioni odeporiche della Dalmazia, come documenta il prezioso il repertorio bibliografico compilato da Jitka K?esálková.

Uno spazio, seppure meno disteso, viene riservato al viaggio diplomatico mentre complementi fondamentali al quadro generale appaiono le pagine di Manlio Pastore Stocchi, dedicate all’immagine libresca della Dalmazia elaborata dalla cultura umanistica, immagine che intercetta continuamente l’esperienza diretta dei viaggiatori non diversamente dal vasto materiale cartografico presentato nel suggestivo percorso visuale tracciato da Camillo Tonini fra carte nautiche, portolani e raccolte di vedute urbane.