Lesina, un’isola di solidarietà

Scritto da Adam Smulevich, «Pagine ebraiche», 23/05/14
venerdì 23 maggio 2014

È una delle mete più amate dai turisti: mare, natura selvaggia, un’emozione continua. L’isola dalmata di Lesina (Hvar in lingua croata), è un punto di ritrovo estivo conteso da migliaia di turisti da ogni dove. Le scorie, i dolori di un passato angosciante sembrano ormai lontani affogati in un cocktail nel corso e in una romantica passeggiata lungomare. A farli riaffiorare, assieme a una straordinaria vicenda di solidarietà che vede protagonisti gli abitanti dell’isola, è la testardaggine di Mario Viola, romano molto vicino alle vicende ebraiche, che con pazienza certosina è andato a scavare nei meandri più reconditi di una vicenda di cui sembrava essersi persa la memoria. Una grande storia di solidarietà nell’Adriatico infuocato dall’odio antisemita e in cui trovare un approdo, un rifugio sicuro dalle persecuzioni, è più di una assicurazione sulla vita.

È la fine dell’autunno del 1942 quando, da Sarajevo e Mostar, arrivano sull’isola oltre 400 ebrei scampati ai nazisti e agli Ustascia, le forze collaborazioniste cui Hitler affiderà il governo del neonato Stato Indipendente di Croazia sorto con la complicità del fascismo. Sono sotto il controllo di un contingente dell’esercito italiano, che ha stanziato a Lesina una pattuglia composta da circa 100 soldati. Il comando del XVIII Corpo d’Armata, in base all’ordine emanato il 28 ottobre dello stesso anno, fa internare gli ebrei in alcuni alberghi dell’isola ritenendo questo dispositivo nient’altro che un compromesso accettabile in vista di una più ‘adeguata’ sistemazione nelle settimane successive. L’input, in regime di internamento, è infatti quello di mantenere una netta separazione tra abitanti del posto e prigionieri. Una situazione che, tuttavia, a Lesina sfuggirà quasi del tutto al controllo dei soldati italiani. Un po’ per la negligenza di alcuni, molto per il coraggio e l’umanità dimostrata dal giovane albergatore Tonci Milicic che non esiterà a prodigarsi per il benessere di ciascuno dei suoi ospiti e per allontanare, nei limiti del possibile, l’incubo di un futuro che si fa sempre più oscuro e tormentato. È il suo profilo, in particolare, ad emergere nella ricerca condotta in loco da Viola.

Incuriosito da una testimonianza rilasciata al sito di Centropa da una delle “ebree di Lesina”, Vida Eskenazy, si muove immediatamente per comporre il puzzle di stimoli suscitati da quelle parole. A Centropa Vida e altri suoi congiunti hanno infatti raccontato quei giorni lasciando trasparire un affetto e una gratitudine mai venuti meno nel tempo. “Appena arrivati – spiega Vida, oggi scomparsa – fummo trasferiti nell’hotel di Tonci (l’hotel Slavija). Fu così gentile con noi. Gli italiani pagavano per il nostro alloggio ma lui andò ben oltre gli accordi e si impegnò a risolvere ogni possibile problematica. Ci ha lasciato piena autonomia, siamo diventati amici e abbiamo mantenuto questo rapporto anche dopo la guerra. Andavamo a trovarlo a Lesina e lui ricambiava recandosi in visita a Sarajevo e Zagabria dove molti dei ‘suoi’ ebrei erano tornati a vivere”. Per Mario, che è da 40 anni assiduo frequentatore di Lesina, questo è il segnale: è il momento di ottenere informazioni più precise. L’obiettivo è di tratteggiare ancora meglio la figura e le azioni di Tonci. La migliore fonte, pensa, devono per forza essere gli anziani di Lesina. Qualcuno avrà visto, qualcuno potrà raccontare. E così la ricerca ha inizio. Tre sono gli alberghi scelti dall’esercito italiano per internare gli ebrei: oltre al già citato Slavija, vengono individuati il Kovacic e l’Overland. Palazzi che oggi ospitano chi si può permettere una vacanza di sogno furono, oltre 70 anni fa, l’approdo temporaneo per centinaia di profughi che tornarono ad assaporare il bene prezioso della ‘normalità’.

L’inizio, per Viola, non è dei più semplici: la storia, lo scorrere incessante del tempo, l’alternarsi di bandiere, guerre e difficoltà geopolitiche, sembra aver confinato le vicende in questione in un cassetto. Ma non si arrende e, a forza di colloqui e pause caffè, i tanti capitoli di questa storia iniziano a svelarsi nella loro profondità. Lo confermano le parole di alcuni testimoni come Sime Fio, bambino all’epoca dei fatti, che in una nitida testimonianza registrata ricorda la convivenza e le tante occasioni di incontro con gli ebrei giunti dalla terraferma. I suoi ricordi, e quelli di altri anziani, sono un fondamentale supporto per uno dei nipoti di Tonci, Prosper Maricic. Completamente all’oscuro dei meriti dello zio, Prosper si unisce a Viola nel lavoro di rielaborazione di un passato con il quale mai si era rapportato. Registra, ascolta, confronta. E decide, affinché niente più si disperda, di mettere assieme un documento che sintetizza ore e ore di approfondimenti. La testimonianza, inviata a Pagine Ebraiche in doppia lingua (inglese e croato), dà il senso di una prova di solidarietà che emoziona e commuove. Insieme alle parole arrivano anche alcune foto inedite. Una, pubblicata in pagina, ritrae Tonci e alcuni ebrei internati a Lesina in un momento di serenità. L’immagine, raccontano i testimoni, li immortala in occasione di una gita (ufficialmente vietata) in un’isoletta vicina. “È una foto che parla più di tante parole – racconta Viola – e che ci aiuta a capire la straordinaria umanità che caratterizzò l’impegno di Milicic. Si sarebbe potuto semplicemente attenere alle disposizioni e invece fu campione di generosità esponendosi anche a molti rischi e pericoli per la sua incolumità”.

E così fecero anche altri abitanti di Lesina, che mantennero un rapporto con i loro ospiti: la prova più evidente la si ha con le tre unioni che sarebbero state successivamente celebrate. Prosper ha ricostruito tre matrimoni: Marica Bracanovic Baco che sposa l’ebreo David Altarac di Travnik, Lucia Luce Vucetic Babuk che sposa Otto Lusic (Sarajevo) e Ljubica Maljkovic che sposa Elias Konfortija (Sarajevo). Tutte e tre le coppie si trasferiranno in Israele appena finita la guerra. L’ultima, dopo alcuni anni, farà ritorno a Lesina. All’inizio dell’estate del ’43 la situazione cambia drasticamente e gli ebrei confinati a Lesina sono riuniti in nuovo punto di raccolta sull’isola di Arbe (Rab, in lingua croata). Le condizioni di prigionia sono molto dure, anche se esiste un minimo margine di autonomia che permette un contatto con le forze partigiane attive nella regione. Gli ebrei saranno protagonisti attivi di questa fase e, dopo l’otto settembre, prenderanno possesso del campo assieme agli altri prigionieri al grido di “Morte al fascismo”.

Si uniranno poi ai gruppi di liberazione per affrancare la Croazia dall’incubo degli Ustascia. Tanti cadranno, altri riusciranno a veder compiuto il loro sogno di libertà. Mario Viola sarà a Lesina nei prossimi giorni per proseguire la ricerca e incontrare gli eredi della coppia Maljkovic?Konfortija che fece ritorno in Croazia dopo l’aliyah. Con un obiettivo: aumentare la consapevolezza sulle attività di Tonci così da fargli conferire – in memoria – un pubblico tributo per la sua indole e il suo coraggio. “Tonci Milicic – spiega – è un eroe del Novecento e merita di essere riconosciuto come tale. L’emozione di aver dormito, inconsapevolmente, in uno degli hotel che lo videro al servizio di civili perseguitati, senza alcuna pretesa ma con la sola finalità di rendersi utile agli altri, è un qualcosa che porterò con me per tutta la vita”. È possibile contattare Mario Viola scrivendo a csfe@libero.it Adam Smulevich, Italia Ebraica, maggio 2014