Nereo Rocco, burbero allenatore di successo

Emozioni, ricordi e gustosi aneddoti hanno caratterizzato la conferenza che il Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha organizzato per celebrare l’allenatore triestino Nereo Rocco nell’ambito delle iniziative “Milano è memoria”.

L’evento, patrocinato dal Comitato regionale Lombardia del Coni, dal Comune di Milano e dalla Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati, si è svolto mercoledì 14 giugno  presso la Sala Pirelli del Consiglio Regionale della Lombardia a Milano: coerentemente alla giornata di lutto nazionale indetta per Silvio Berlusconi, la vicepresidente dell’Anvgd Milano Anna Maria Crasti ha introdotto i lavori ricordando la sua esperienza di abitante a Milano 2 per trent’anni e di come tale quartiere fosse stato edificato da Berlusconi seguendo parametri altissimi di funzionalità e di qualità della vita.

A moderare i lavori è stato chiamato Luigi La Rocca, collezionista di cimeli milanisti e vero e proprio cultore di storia rossonera, il quale ha esordito facendo notare che la location del convegno richiamava il Milan poiché il “Pirellone” era stato originariamente sede della nota azienda di pneumatici ai tempi in cui Pietro Pirelli  era presidente dei rossoneri: «Anagrammando Nereo Rocco – ha fatto notare La Rocca – si ottengono Cerco Onore oppure Reco Corone: entrambe definizioni che ben si adattano alla sua duplice avventura sulla panchina del Milan».

In collegamento da Trieste c’era il Presidente nazionale dell’Anvgd Renzo Codarin, che  ha specificato che la più antica e ramificata sul territorio fra le associazioni degli esuli adriatici, adesso che le vicende di foibe ed esodo cominciano finalmente ad essere conosciute, intende dedicarsi anche a presentare le storie di giuliano-dalmati illustri, con particolare riferimento a coloro i quali hanno operato a Milano. Assieme a lui Bruno e Tito Rocco, figli di Nereo, che hanno con emozione ricordato di avere avuto un padre leale e onesto.

Il Presidente del Coni Lombardia Marco Riva ha citato la competenza, la passione e la dedizione profuse da Rocco nella sua carriera, mentre Marco Contardi (Presidente dell’Asi Lombardia) ha inviato una comunicazione nella quale ha ricordato che domenica 17 settembre si svolgerà la seconda edizione della Corsa del Ricordo a Milano, nel solco del connubio tra sport e storia del confine orientale italiano.

Presente nel pubblico, ha portato una testimonianza Desiderio Marchesi, promessa della Primavera rossonera all’epoca di Nereo Rocco che però subì un grave infortunio, per riprendersi dal quale andò in prestito alla Triestina e nel capoluogo giuliano i figli di Rocco furono suoi preziosi punti di riferimento. In collegamento telefonico, invece, il campione argentino Josè Altafini ha ricordato con stima ed affetto “el Paròn”, al quale un giorno fece lo scherzo di farsi trovare nudo nell’armadietto dello spogliatoio in cui l’allenatore (guai a chiamarlo mister!) lasciava i suoi vestiti prima di indossare la tuta da allenamento.

Lorenzo Salimbeni (ricercatore storico dell’Anvgd) ha quindi ricordato che nell’immediato dopoguerra, allorchè la questione di Trieste e del confine orientale era ancora aperta, la Triestina disputava la serie A ma si era anche costituita una squadra concorrente, gli Amatori Ponziana, che si cimentava nella Prva Liga jugoslava. Nella stagione 1946-’47 la compagine rossoalabardata arrivò ultima, venendo ripescata alla luce delle difficili condizioni ambientali: durante quel campionato fu firmato il 10 febbraio il Trattato di Pace che lasciava ancora in bilico la sorte della città di San Giusto con il Territorio Libero di Trieste ed una nuova partizione tra Zona A e B. Nel campionato seguente Rocco esordì sulla panchina della Triestina, portandola al secondo posto alle spalle del Grande Torino e cominciando quindi la sua strepitosa carriera di allenatore.

Pieno di competenza tecnica e di umanità è stato quindi il contributo video che ha voluto inviare il celebre telecronista Bruno Pizzul, il quale ha ricordato che le interviste che faceva a Rocco, cui piaceva ribadire per evidenziare le sue origini «mi son de Francesco Giuseppe», essendo nato suddito asburgico, sfociavano spesso nel campanilismo tra triestini e friulani: «Rocco era un personaggio a tutto tondo, un uomo straordinario: con lui i giocatori erano felici di allenarsi, poiché ogni seduta era un teatrino, nel quale lui valutava la stoffa dei suoi atleti per vedere «se xè omo o no xè omo». A Milano dette il meglio come tecnico sopraffino e come uomo. Viene ancora descritto come un difensivista, ma se dietro amava avvalersi di “manzi”, poteva schierare contemporaneamente anche cinque attaccanti»

«Ho chiesto di venire presentato in locandina come “di sangue istriano” perché nel mio intervento voglio descrivere cosa significava seguire i successi di Rocco per la mia famiglia originaria di Capodistria ma trapiantata a Milano» ha esordito l’avvocato Giovanni Cobolli Gigli. «Sono nato in Lombardia – ha proseguito l’ex Presidente della Juventus – ed ho conosciuto l’Istria attraverso i ricordi dei miei parenti che mi hanno instillato un forte senso di appartenenza a quella terra che avevo idealizzato nell’immagine pacifica di prima della Seconda guerra mondiale. Sono orgoglioso del mio bisnonno fondatore dei ricreatori a Trieste ed ancora ricordato con un busto come “Educatore” e di suo fratello, capitano di lungo corso che ogni volta che tornava dai suoi viaggi nella natia Capodistria portava le figlie in piazza e, davanti ai gendarmi austriaci indignati, le chiamava scandendo ad alta voce i loro nomi: Italia, Libera e Redenta» Attraverso l’entusiasmo dei parenti che ascoltavano con interesse i risultati di Rocco a prescindere dalla squadra che allenava, Cobolli Gigli ha imparato ad apprezzare il carattere pieno di vivacità e di libertà di spirito che ha contraddistinto il tecnico triestino, un simbolo per i giuliani sparsi in Italia e nel mondo: «Con i suoi giocatori sapeva essere ostico e sensibile: il suo migliore allievo è stato Giovanni Trapattoni»

Giampaolo Muliari, Direttore del Museo del Grande Torino, ha ricordato che dopo i primi successi al Milan Rocco venne ad allenare la squadra granata: «Il decennio dopo la catastrofe di Superga fu terribile, assumere Rocco significò dare un segnale di volontà di rinascita. Anche se non vinse nulla, nel 1964-’65 colse il terzo posto proponendo un gioco meraviglioso. Gettò, inoltre, le basi per i futuri successi e plasmò lo zoccolo duro della squadra che avrebbe di nuovo vinto lo scudetto nel 1976»

«Il Torino è sempre stato una squadra ruspante, la Juventus invece nobile e compassata: lo stile di Nereo Rocco andava bene per i granata, non per i bianconeri» ha proseguito Domenico Beccaria, Presidente del Museo del Grande Torino. Il bar dello stadio Filadelfia era la plancia di comando da cui Rocco forgiava il carattere dei suoi calciatori: «Appariva burbero, ma lo faceva per verificare se c’era stoffa umana su cui lavorare per eliminare le scorie che non facevano emergere il potenziale del giocatore»

L’editorialista della Gazzetta dello Sport Alberto Cerruti iniziò la carriera giornalistica nel 1974, accostandosi a Rocco per la prima volta l’anno seguente ed è poi stato l’ultimo a intervistarlo nel dicembre del 1978: «Sperava di riuscire a vedere finalmente la vittoria del decimo scudetto del Milan, ma sarebbe morto a febbraio ed il tanto agognato successo giunse proprio alla fine di quel campionato». Cerruti ha quindi esibito due prime pagine storiche del quotidiano sportivo rosa: un titolo a caratteri cubitali «È morto Rocco» con una classica fotografia del Paròn ed una di pochi giorni seguente in cui «Rivera scrive a Rocco» un’emozionante lettera di commiato. Rocco è stato quindi ricordato, come l’unico allenatore capace di tornare sulla panchina del Milan e di vincere ancora (cosa non riuscita né ad Arrigo Sacchi né a Fabio Capello), anzi anche più della prima volta: «Questa storia del “catenacciaro” deve finire: lui era capace di schierare un tridente sostenuto da Gianni Rivera come numero 10!»

Gabriele Moroni, firma de Il Giorno, ha riferito ancora interessanti aneddoti, come ad esempio quando fu allontanato da un ringhio di Nereo Rocco che non voleva che si sapesse che faceva beneficenza in un ospedale, salvo poi richiamare Moroni apostrofandolo «Ciò, mona, cos te vol saver?». Il giornalista milanese ha quindi evidenziato due torti che la vita ha riservato a Rocco, cioè la fatal Verona che gli costò la vittoria dello scudetto della stella («opera del destino corroborato da circostanze molto terrene») e la morte pochi mesi prima di questo agognato traguardo: «Durante i festeggiamenti dello scudetto all’ultima giornata dagli spalti di San Siro furono più volte intonati cori in onore di Nereo Rocco»

Emozioni conclusive con il video realizzato per l’Anvgd dal filmmaker Simone Pontini intitolato Ricordando Nereo Rocco e basato sulle interviste fatte da Emma Bozzi a Tito e Bruno Rocco.