Ostaggi della xenofobia

Scritto da Presseurop, 13/05/11
Dopo aver raggiunto il culmine in occasione della guerra nella ex Jugoslavia, la tradizione europea dell’accoglienza dei rifugiati è svanita sotto i colpi dei movimenti populisti, si rammarica José Ignacio Torreblanca. C’è un dato che illustra alla perfezione fino a che punto l’Europa stia sprofondando nell’abisso della xenofobia: l’abolizione dei controlli alle frontiere interne degli stati membri fu decisa nel 1995 quando, dopo la guerra nell’ex Jugoslavia, l’Europa si trovò a fare i conti con una spaventosa ondata migratoria di 600mila rifugiati. La sola Germania si fece carico di 345mila persone, in uno sforzo poco conosciuto e ancor meno riconosciuto. Anche altri paesi furono all’altezza: l’Austria accolse 80mila rifugiati, la Svezia 57mila, la Svizzera 25mila, l’Olanda 24mila e la Danimarca 20mila. Allora nessuno si tirò indietro né dubitò che la soppressione dei controlli alle frontiere fosse una buona idea.

Ora, invece, è bastato un manipolo di giovani provenienti dal Nordafrica e la prospettiva di una sconfitta elettorale contro l’estrema destra a far cambiare idea a Sarkozy e a Berlusconi, leader di due tra i paesi più ricchi del mondo. Nell’Unione europea ci sono 20 milioni di immigrati non comunitari, che rappresentano il 4 percento della popolazione. Con l’eccezione di Lettonia ed Estonia, che presentano importanti minoranze russe non nazionalizzate, nessun paese supera la soglia dell’8 percento di immigrati extracomunitari. Come se non bastasse, l’Europa dei ventisette, che vuole dare lezioni di democrazia e solidarietà a tutto il mondo, nel 2010 è stata capace di accogliere soltanto 55.100 domande d’asilo. Che Parigi e Roma abbiano provato a ingraziarsi Bruxelles offrendole un aumento di competenze è comprensibile. Ma che la Commissione europea, garante dei trattati, si sia dimostrata disposta a svendere un principio chiave della costruzione europea, com’è quello della libera circolazione delle persone, è davvero preoccupante.