Quelle vittime forzatamente italiane

Scritto da Ilaria Rocchi, «La Voce del Popolo», 03/05/11

FIUME – Presentato ieri a Palazzo municipale (aula consiliare), Nacionalnost ili državljanstvo (in italiano Nazionalità o cittadinanza) che è la “risposta” della storiografia croata, fiumana – o almeno di una parte di questa –, al volume bilingue italo-croato Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947), curato da Amleto Ballarini e da Mihael Sobolevski, pubblicato dal Ministero italiano per i Beni e le Attività culturali-Direzione per generale per gli archivi.

Una “risposta” che arriva a dieci e passa anni dall’uscita dei risultati di un’indagine congiunta, promossa dalla Società di Studi Fiumani a Roma e dall’Istituto Croato per la Storia, di Zagabria. A scendere in campo è Vinko Šepi? ?iškin, ricercatore e pubblicista oggi novantenne, che da diverse decadi si occupa di storia, e nella fattispecie di eventi e fenomeni legati alla Seconda guerra mondiale. Šepi? ?iškin, nato a Ruccavazzo (Rukavac), sulle pendici del Monte Maggiore, ha dedicato la sua opera in particolare alle vittime del conflitto, alla guerra di liberazione partigiana, cui egli stesso ha preso parte fattiva, prima come giovane militante e agitatore politico tra gli operai del cantiere navale, oggi “3. maj”, dove aveva cominciato a lavorare già a 14 anni, poi nell’ambito della 43.esima Divisione istriana. In seguito frequenterà diverse scuole militari e terminerà l’Accademia militare per ufficiali dell’allora Armata popolare jugoslava (JNA). Finora ha scritto diversi saggi e articoli, mentre nel 2003 è uscito, per i tipi della fiumana Adami?, il volume Gubici Liburnijskog Kraja u Drugom svjetskom ratu (Le perdite della Provincia Liburnica nella Seconda guerra mondiale).

Frutto di 25 annni di lavoro, Nazionalità o cittadinanza, 231 pagine, edito in occasione delle celebrazioni della Giornata della Liberazione di Fiume dall’Associazione cittadina dei combattenti e degli antifasciti, con il sostegno dell’amministrazione municipale, offre un’analisi critica, e in odor di polemica, de Le vittime di nazionalità italiana a Fiume…. Inesattezze, errori, inadeguatezze, maliziose omissioni, falsità, manipolazione e addirittura palese menzogna: nel contestare dati e interpretazioni: Šepi? ?iškin non usa certo mezzi termini nella sua recensione, prendendo di mira soprattutto uno dei due curatori, Amleto Ballarini. Alla presentazione del suo saggio non ha potuto parlare per motivi di salute; la sua opera è stata illustrata dal redattore responsabile della pubblicazione, Rastko Schwalba, nonché dalla redattrice linguistica, Veronika Grbac (il libro si avvale inoltre della “supervisione” di Mario Dagostin e Mladen Grguri?).

Articolato in 36 capitoli (più la premessa e le appendici), strutturato in due parti, di cui la seconda riservato in pratica alla demolizione del mito Giovanni Palatucci (non è «un Giusto», questa la tesi di fondo), Nazionalità o cittadinanza è suddivisibile fondamentalmente in cinque sezioni tematiche. Innanzitutto, c’è lo smantellamento di un’impostazione, quella di Ballarini, a detta di Šepi? ?iškin fondata su un uso improprio e confusionario di concetti quali «nazionalità», «cittadinanza», lingua parlata. Molto corposo è poi l’accertamento della nazionalità effettiva e dei dati esatti relativi alle perdite umane subite da queste terre tra il 1939 e il 1947, con tanto di puntigliosa correzione e capillare revisione (che occupa ben 53 pagine) di quanto, erroneamente o in modo impreciso, riportato in Le vittime di nazionalità italiana . Altro segmento cui l’autore dedica attenzione è l’integrazione dell’elenco di Ballarini-Sobolevski con i nominativi degli italiani «dimenticati» nel citato volume, e comunque provenienti dalla Provincia fiumana (o del Quarnero), oppure dall’Istria, o «regnicoli» o, ancora, appartenenti all’Esercito italiano, ma ugualmente periti durante la guerra, sia come vittime delle ritorsioni del regime fascista sia combattendo schierati con i partigiani. Un’altra parte, anch’essa piuttosto ponderosa, è incentrata sulla questione ebraica a Fiume e dintorni, scandagliata in tutte le sue dimensioni e risvolti (ed essa si riferisce quasi esclusivamente anche l’appendice documentaria). C’è, infine, un contributo critico sulla figura di Giovanni Palatucci e il suo ruolo, presunto o reale nella persecuzione/salvezza degli ebrei.

Quali, dunque, le obiezioni di fondo a Le vittime di nazionalità italiana…? Le ha riassunte nel suo lungo intervento Rastko Schwalba: si va dall’incongruenza della traduzione dal croato all’italiano (per cui, ad esempio, il termine croato di «gubici», perdite, diventa nella traduzione vittime, il che imprime automaticamente un’accezione particolare, e fuorviante, di compassione) all’inclusione nell’elenco delle vittime anche dei “carnefici” (come il comandante del campo di concentramento italiano a Campora-Kampor, sull’isola di Arbe), fino a un’esposizione, rispettivamentre strumentalizzazione, della materia in chiave “irredentistica”, per cui vengono travisati o ignorati dati, fatti, fenomeni. «Molto viene sottaciuto – ha detto Schwalba – perché Fiume e dintorni figurassero come territori da secoli italiani, e il tutto affinché in base a una storia così presentata non fosse possibile accertare le origini e il sentimento (di appartenenza, ndr) degli abitanti di queste regioni».

A una prima occhiata – il tempo per sfogliarlo, giusto il necessario per completare la cronaca della presentazione – il libro di Šepi? ?iškin (reperibile presso l’Associazione combattenti e antifascisti di Fiume) appare contraddistinto da rigore scientifico, onestà intellettuale, approfondita ricerca, capillare conoscenza della materia e, soprattutto, da un’estrema pedanteria impiegata nella recisazione/correzione/integrazione de Le vittime di nazionalità italiana a Fiume. E nel dimostrare che, per tutte le sue “imperfezioni”, il lavoro svolto da Ballarini si squalifica da sé. Un peccato, se è questa l’intenzione precipua di autore ed editori. Perché – ammesso che sia proprio così – in questo modo l’impatto dello studio si farebbe… autoriduttivo. Vogliamo leggerlo invece come un nuovo, serio e documentato studio che, partendo dall’analisi critica del volume “contestato”, è effettivamente un prezioso contributo al dibattito storiografico sul nostro passato. Ossia, va visto come un’iniezione a una discussione che deve ancora tutta svilupparsi, su un argomento finora quasi sempre obliato: le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale. In tale ottica non si può dire che il volume di Ballarini & Co., con tutte le sue manchevolezze, non abbia colpito nel segno: rompere il silenzio.