Slovenia, il governo vicino al capolinea. Elezioni più vicine

Scritto da Mauro Manzin, «Il Piccolo», 06/09/11
TRIESTE – La sopravvivenza del governo Pahor è legata a un paradosso: a chi non lo voterà. O meglio, a quanti saranno i deputati assenti tra le fila dell’opposizione al momento del voto di fiducia all’esecutivo. Sì perché per la prima volta dopo il mandato 1996-2000 il Parlamento è esattamente diviso a metà. E questo non basta al premier per sopravvivere politicamente.
Premier che a breve presenterà la lista dei nuovi ministri, dopo le recenti defezioni, alla cui approvazione legherà la fiducia al proprio governo. Attenzione però, Pahor chiede ai deputati di appoggiare l’esecutivo solo se alla prossima istanza saranno pronti ad appoggiare le riforme che stanno per essere presentate e che riguardano il settore pensionistico, della sanità e del mercato del lavoro, questioni che farebbero tremare i polsi anche a un esecutivo con una maggioranza ben qualificata in Parlamento.
Ma vediamo gli schieramenti attuali alla Camera di Stato di Lubiana. Contro il governo voteranno sicuramente i democratici (Sds) di Janez Jansa e i popolari (Sls) con a disposizione rispettivamente 27 e 6 seggi. A favore di Pahor si esprimeranno invece i socialdemocratici (Sd) e i liberaldemocratici (Lds) con 28 e 5 voti. Tra quelli che appoggeranno il governo in carica ci sono anche i due deputati delle minoranze (italiana e ungherese), i 5 rappresentanti del Partito nazionale di ultradestra (Sns) – non perché “amano” Pahor ma perché non vogliono le elezioni anticipate – e i cinque deputati indipendenti. Parità dunque: 45 a 45, perché contro l’esecutivo si esprimeranno anche i 7 deputati di Zares e i cinque del Partito dei pensionati (Desus).
Dunque Pahor potrebbe sopravvivere a se stesso solamente, come detto, grazie a qualche raffreddore improvviso di qualcuno dei parlamentari dell’opposizione, e colpi d’aria sono possibili nell’area di Zares e dei pensionati all’inizio della legislatura alleati di governo e poi fautori della diaspora e della susseguente crisi politica. Finora non si sono ancora espressi sul voto Alojz Potocnik (Zares), Josko Godes (Desus) e Matjaz Zanoskar (Desus). Ma Pahor è stato chiaro: non votate la fiducia, ha detto, se poi non siete pronti a sostenere la politica di riforme del governo. E qui il discorso si complica maledettamente perché nel taccuino del premier c’è la revisione del regime pensionistico che è stata appena bocciata da un referendum popolare. Il progetto di riforma non è stato ancora presentato ma indiscrezioni rivelano che esso prevede l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni e fa proprie alcune osservazioni svolte in passato dai sindacati.
Anche il cancelliere tedesco Angela Merkel nella sua recente visita a Lubiana ha parlato della necessità della riforma pensionistica portando ad esempio il caso tedesco, dove l’innalzamento dell’età per la quiescenza «è stato doloroso – ha detto la Merkel – ma alla fine è stato approvato». Certo il centrosinistra ha scarso interesse ad andare al voto. Le sue fila negli ultimi anni si sono sgretolate dando origine al partito Zares (soprattutto ai danni della Lds) e alla nascita degli indipendenti pronti, a loro volta, a dare vita a un nuovo raggruppamento politico. Più compatto il centrodestra (Sds e Sls) cui anche i pensionati potrebbero fare l’occhiolino.